A voi che mi ascoltate, e a tutti gli italiani, in patria e all’estero, sento di dovere una risposta, insieme con il più sincero, cordiale augurio. Una risposta alla domanda che più ci inquieta: come dobbiamo guardare all’anno che sta per iniziare, con quali preoccupazioni e con quali motivi di speranza e di fiducia? E’ una domanda non facile, alla quale vorrei provarmi a rispondere partendo da quel che dell’Italia ho visto e ho potuto intendere lungo tutto il 2007, attraverso un gran numero di visite e di incontri.
Ho visto, dal Sud al Nord – la mia più recente, intensa tappa è stata Milano – aspetti eloquenti dell’Italia che vuole crescere, divenire più moderna e più giusta, e che sa come per non perdere terreno in Europa e nel mondo debba vincere competizioni e sfide difficili. Ho colto – nelle situazioni più diverse, anche se non dovunque nella stessa misura – segni concreti di dinamismo e di capacità innovativa, prendendo visione di realizzazioni e progetti audaci. Mi si è presentata in questa luce la realtà dell’economia, delle imprese e del lavoro produttivo; e la realtà di istituzioni indubbiamente vitali. Ho visitato, in particolare, Istituti di ricerca e di alta formazione che possono ben vantare il titolo di centri di eccellenza.
Questi sono fatti, e sono motivi di fiducia nell’avvenire dell’Italia: il problema sta nel come valorizzare e incoraggiare dovunque nel paese questo dinamismo, nel come trasmettere questi impulsi all’intero sistema Italia, puntando sull’innovazione e sul merito, privilegiando fortemente l’istruzione, così da giungere via via a un più alto tasso di crescita, a una crescita più sostenuta e generale, in cui sia pienamente coinvolto il Mezzogiorno. Se questo è il problema, con esso deve misurarsi la politica – governo e istituzioni rappresentative ad ogni livello – ma debbono misurarsi nello stesso tempo tutte le forze sociali e culturali. Non c’è da abbandonarsi alla sfiducia, ma da proporre, decidere, operare.
E c’è da proporre soluzioni innanzitutto di fronte all’allarme per l’aumento del costo della vita, che la parte più povera e disagiata della popolazione può sempre meno reggere e un’altra parte delle famiglie, che conta solo su retribuzioni e redditi insufficienti, regge a costo di seri sacrifici, mai abbastanza riconosciuti.
Il malessere sociale è qui, ed è nell’incertezza del lavoro, in special modo nella difficoltà, ancora per troppi giovani nel Sud, a trovare lavoro, nonostante la netta diminuzione del tasso nazionale di disoccupazione. Il malessere è nella insufficiente tutela del lavoro, della vita sul lavoro. Questo è stato e rimane un mio assillo. Mi hanno commosso e scosso le parole di un giovane compagno di lavoro del ventiseienne Rosario, uno degli operai travolti nell’orribile rogo di Torino: “Noi ragazzi che siamo cresciuti insieme a lui da quando avevamo 14 o 15 anni, se lui lotta per la vita dobbiamo lottare con lui fino alla fine”. Gli sono rimasti accanto, poi purtroppo la fine è giunta. E ieri è giunta anche per Giuseppe, altro ventiseienne, ultima delle vittime di una vera e propria inaudita strage. Abbraccio con affetto i loro familiari e la città.
Molti e diversi sono comunque i fatti che smentiscono le rappresentazioni di un’Italia in declino. Un autorevole osservatore straniero – e ce ne sono di attenti e non malevoli – ha di recente indicato un punto di forza del nostro paese – in particolare, la chiave del forte successo, in questo periodo, delle nostre esportazioni – nella cultura della creatività, che deve far considerare grande il potenziale delle nostre imprese e del nostro lavoro. E in questo nuovo esprimersi della creatività italiana, rivive la forza di una tradizione, di un patrimonio e di una sensibilità cui dobbiamo dedicare ben maggiore attenzione. Dovunque mi sia recato in visita quest’anno in Europa e fuori d’Europa ho constatato quanto grande sia la forza d’attrazione del nostro patrimonio storico-artistico e culturale, antico e moderno. Un patrimonio che parte da lontano, come ci dice in questo momento la straordinaria mostra delle opere illegalmente sottratte e ora recuperate all’Italia, grazie a un esemplare sforzo congiunto delle istituzioni e dei corpi dello Stato.
E’ una mostra ospitata al Quirinale. Perché questo Palazzo, senza eguali al mondo, è – permettetemi di sottolinearlo – tra i luoghi più rappresentativi della storia e della creatività italiana, ed è aperto a tutti gli italiani, che in diverse centinaia di migliaia l’hanno visitato nel corso del 2007.
Qui abbiamo accolto anche tante rappresentanze dell’Italia più operosa e generosa. E dell’Italia che soffre, che lotta contro le sofferenze e sostiene l’impegno a combatterle. Mi ha molto colpito l’incontro che abbiamo avuto in Quirinale in occasione della Giornata dedicata alle persone con disabilità: abbiamo visto queste persone non rassegnate, impegnate a esprimere una speranza attiva realizzando al meglio se stesse grazie a una splendida rete di solidarietà. E ciò ci dice che grande è anche il potenziale umano e morale di cui l’Italia dispone.
Vi sto parlando poco di quel che accade nella sfera della politica e delle istituzioni. Ma non certo perché non sia importante: piuttosto perché vorrei richiamare l’attenzione su quel che di più ampio vive e conta nel paese, sulle realtà e sulle responsabilità che non possono ridursi alla sfera della politica. Siamo poi in un momento in cui molto si discute sul bilancio di attività del governo e sulle critiche e richieste dell’opposizione: se ne discute in libertà e con asprezza, e non possono esserci interferenze da parte mia, in nessun senso.
Posso solo dire che per consolidare e generalizzare tutti i fenomeni e fermenti positivi che ho richiamato, per mettere a frutto le potenzialità su cui l’Italia può contare, è comunque indispensabile che si adottino alcune riforme in campo istituzionale e che si crei un nuovo, più costruttivo clima politico, fondato su una effettiva legittimazione reciproca. Mi sono speso a tal fine sin dall’inizio del mio mandato, e insisterò nelle mie sollecitazioni e nei miei appelli: ora che uno spiraglio di dialogo si è aperto, con il contributo di entrambi gli schieramenti politici, specie sulla riforma elettorale, occorre assolutamente evitare che l’occasione vada perduta. Quali siano le condizioni, da un lato, per la continuità dell’azione di governo, e dall’altro, per un esito positivo del confronto sulle riforme, lo si vedrà presto in Parlamento.
Torno ora su considerazioni che si rivolgono a voi tutti, a noi tutti come italiani. Possiamo avere più fiducia in noi stessi, ma dobbiamo essere più esigenti verso noi stessi. Ci preoccupano giustamente l’insicurezza e la criminalità; ci preoccupano difficoltà e fenomeni legati a una immigrazione in rapida crescita. Non si possono tuttavia ignorare i risultati ottenuti colpendo i vertici delle organizzazioni mafiose, o conseguendo una diminuzione di varii tipi di reato: si tratta di risultati di cui va dato merito alla magistratura e alle forze dell’ordine, apprezzandone l’impegno sempre rischioso e garantendo loro mezzi adeguati. Ma quel che più conta, perché ciascuno possa fare la sua parte, è liberarsi dalle paure che non fanno ragionare e dai particolarismi che non fanno decidere.
La paura può far dimenticare i limiti e i diritti da rispettare nell’azione che va condotta a tutela della sicurezza dei cittadini; la paura può far degenerare la fondata richiesta dell’osservanza della legge e delle regole da parte degli immigrati in minaccia inammissibile di violazione della libertà di culto per tutte le confessioni religiose e della dignità di quanti, provenienti da paesi lontani e vicini, operano nel nostro paese soddisfacendone esigenze e domande concrete.
Paure irragionevoli e particolarismi, politici o localistici, emergono in troppi casi: impedendo, ad esempio, la soluzione del sempre più allarmante problema dei rifiuti in Campania, con grave danno per le condizioni e per l’immagine di una città e di una regione nelle quali invece non mancano energie positive, realtà nuove e iniziative di qualità.
Essere esigenti verso noi stessi significa impegnarci a dare prove effettive di senso civico, dalle più semplici alle più impegnative, come quelle offerte dal coraggioso esporsi degli imprenditori siciliani contro pizzo e mafia; a dare prove di consapevolezza dell’interesse generale, contribuendo, ad esempio, alla salvaguardia dell’ambiente, alla tutela del territorio e del paesaggio, insidiati da nuove spinte speculative. L’interesse generale esige rispetto reciproco tra le istituzioni, ancora una volta, e più che mai, rispetto ed equilibrio tra politica e magistratura, fiducia in tutte le istituzioni di garanzia.
L’interesse generale esige un pieno sostegno all’azione internazionale dell’Italia, al suo impegno, innanzitutto, nell’Unione europea per favorirne il rilancio e l’iniziativa comune sui temi cruciali della pace e della sicurezza internazionale. Qualche settimana fa, portando negli Stati Uniti la voce unitaria del nostro paese, la conferma di una collocazione internazionale dell’Italia largamente condivisa, ho potuto verificare come il nostro maggiore storico alleato apprezzi i contributi e gli sforzi dell’Italia e dell’Europa in un mondo drammaticamente percorso, ancora in questi giorni, dall’aggressività del terrorismo e da una molteplicità di mutamenti e sfide globali e di gravi tensioni. In questo momento, siamo perciò più che mai vicini e grati alle migliaia di nostri militari che affrontano l’estremo rischio quotidiano – rendo commosso omaggio a quanti hanno anche di recente sacrificato la vita in queste missioni – e insieme affrontano la fatica dell’impegno umanitario, in aree tra le più critiche di questo mondo. Lo fanno, lo facciamo nello spirito della Costituzione repubblicana.
Ecco, vedete, ricorre da domani il sessantesimo anniversario della nostra Carta fondamentale: proprio nel proporci di rivederne alcune regole, relative all’ordinamento della Repubblica, dobbiamo risolutamente ancorarci ai suoi principi, anche e non da ultimo ai suoi valori morali, e in special modo a quei suoi indirizzi che non vediamo abbastanza perseguiti e tradotti in atto.
Ciò vale per quell’indirizzo di tutela del lavoro che ho già evocato; o per quell’indirizzo di pari opportunità, in primo luogo tra uomo e donna, che si è venuto solo parzialmente attuando; o ancora per un indirizzo, quale è stato anni fa riformulato, di nuovo equilibrio tra le istituzioni centrali e quelle regionali e locali. Né meno attuale è l’indirizzo costituzionale di garanzia della libertà religiosa, di reciproca indipendenza e di collaborazione tra Stato e Chiesa, che richiede un misurato e schietto confronto tra l’Italia e la Santa Sede, com’è nei voti – ne sono certo – del Pontefice Benedetto XVI, cui rinnovo un sincero augurio.
A voi che mi ascoltate, e a quanti sono in queste ore raccolti con le loro famiglie, auguro un anno sereno, per difficile che sia. E’ un augurio che si ispira a sentimenti e ragioni di fiducia nell’Italia, perché cresca e migliori, guardando soprattutto alle generazioni più giovani e a quelle che verranno.