INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
ALL'INCONTRO CON IL PRESIDENTE DEL GRUPPO DI RIFLESSIONE SUL FUTURO DELL'EUROPA
FELIPE GONZALEZ MARQUEZ
Palazzo del Quirinale, 17 aprile 2009
Ringrazio vivamente Felipe Gonzalez per aver accolto l'invito a parlarci sui temi che il Gruppo di Riflessione da lui presieduto - ne è autorevole membro il professor Mario Monti - è impegnato ad approfondire su mandato del Consiglio europeo. Sono qui per salutarlo e ascoltarlo rappresentanti di diverse stagioni dell'impegno europeo dell'Italia, che ben conoscono il ruolo di protagonista svolto da Felipe Gonzalez in Europa e per l'Europa. Egli ha guidato per un lungo periodo la Spagna in uno straordinario processo di rinascita della democrazia e di modernizzazione della società e dello Stato. Parte essenziale di tale processo è stata la scelta di condurre la Spagna a collocarsi, senza riserve e con piglio assertivo, nel grande solco dell'integrazione europea. Superare gli scogli del lungo negoziato per l'adesione alla Comunità non fu facile : decisivo si rivelò l'impulso di Felipe Gonzalez una volta divenuto Presidente del governo spagnolo.
E dal momento di quella firma conclusiva, nel giugno 1985, la Spagna è divenuta un attore di primo piano nell'ulteriore sviluppo della costruzione europea, che raggiunse una tappa cruciale con il Trattato di Maastricht - e Felipe Gonzalez fu tra i suoi artefici - con il passaggio dalla Comunità all'Unione. Possiamo ben dire che l'ingresso della Spagna ha segnato un momento fondamentale per il ricongiungimento dell'Europa comunitaria con una componente irrinunciabile della tradizione storica europea.
E' con questa consapevolezza che io vorrei salutare - nell'assunzione, da parte di Felipe Gonzalez, della presidenza del nuovo Gruppo di Riflessione - una sorta di ritorno in campo, per l'Europa, di una personalità dalla quale possiamo attenderci nuovi preziosi contributi.
E non c'è dubbio che di simili apporti si avverta il bisogno. Ho avuto modo di dire da qualche tempo che si è venuta indebolendo quella volontà politica comune che sola può far crescere e portare avanti - come nei periodi più felici della vita della Comunità e dell'Unione - la grande impresa dell'integrazione e unità europea.
Non possiamo nasconderci le gravi difficoltà, e anche gli arretramenti, che le istituzioni europee hanno conosciuto e ancora riflettono in conseguenza di quell'indebolirsi e oscurarsi di una volontà politica comune cui troppe leadership nazionali si sono sottratte.
Il caso limite è certamente rappresentato dal disimpegno di taluni governi rispetto alla ratifica di Trattati da essi stessi sottoscritti ; ancora adesso, rispetto alla ratifica del Trattato di Lisbona. Emergono in particolare, in alcuni Stati membri, incomprensioni e riserve profonde circa la stessa natura del processo di integrazione, come processo che implica autolimitazioni delle sovranità nazionali e attribuzioni di poteri effettivi a istituzioni sovranazionali quali la Commissione e il Parlamento. Il persistere di ostacoli e ostruzioni per l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona rende pressante e ineludibile un confronto serrato e concludente su proposte come quelle elaborate dal nostro Mario Monti, volte a garantire l'entrata in vigore dei Trattati se ratificati da paesi che rappresentino una larga maggioranza della popolazione europea, o comunque a legare alla ratifica dei Trattati sottoscritti la ulteriore permanenza del singolo Stato membro nell'Unione.
Ai cittadini chiamati a votare tra qualche mese per il Parlamento europeo bisogna offrire la prospettiva di uno sviluppo reale e conseguente della volontà e capacità dell'Unione di portarsi al livello delle nuove sfide che vengono dall'interno e dall'esterno. L'Europa unita non può restare ostaggio di poteri di veto e di ricatto, non può pagare la crescita del numero dei suoi Stati membri con la rinuncia ai suoi progetti più ambiziosi, con la paralisi di sue decisioni fondamentali, anche se prudenti, come quelle del Trattato costituzionale prima e del Trattato di Lisbona poi.
La crisi finanziaria ed economica mondiale, i cui svolgimenti e le cui ricadute appaiono ancora imprevedibili, e i radicali mutamenti già intervenuti precedentemente negli equilibri mondiali, richiedono un impegno straordinario se si vuole reagire a quel che prima della crisi appariva il rassegnarsi dell'Unione Europea a una perdita di ruolo globale, il suo scivolare in una "dolce decadenza" come l'ha di recente definita Felipe Gonzalez. La crisi impone drammaticamente uno scatto risolutivo ; essa esige che in Europa si torni a pensare insieme e in grande, guardando a un futuro più complesso di quanto non sia mai stato per l'Europa il mondo di ieri.
In questo senso, il mandato attribuito dal Consiglio europeo del dicembre 2007 al Gruppo presieduto da Felipe Gonzalez, riceve nuovo significato ed impulso dalla crisi globale poi intervenuta. Esso dovrebbe segnare il superamento di quella "idéologie du court-termisme", di quella ideologia del breve termine, che secondo Jacques Delors ha rappresentato nel recente passato un vizio fatale per l'Unione Europea.
Il nostro ospite di questa sera, che è stato con Delors tra i protagonisti di stagioni e missioni ben altrimenti lungimiranti per l'Europa unita, saprà certamente dare la sua impronta all'impegno di cui gli abbiamo chiesto di parlarci.