INTERVENTO
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
IN OCCASIONE DEL XVI VERTICE DEI CAPI DI STATO
DELL'EUROPA CENTRALE
Novi Sad, 19 giugno 2009
Vorrei innanzitutto ringraziare il Presidente Tadić per la cordiale ospitalità nella città storica di Novi Sad in occasione del 16° Summit dei Capi di Stato dell'Europa Centrale.
I temi scelti dalla Presidenza, economia, energia e allargamento dell'Unione Europea, sono i più attuali. Essi richiedono, infatti, una discussione ampia e approfondita al fine di evidenziare e rafforzare la cooperazione tra i nostri Paesi per la condivisione delle responsabilità, la promozione della pace e la difesa di interessi e valori comuni.
Siamo tutti Europei, a prescindere dal diverso status dei nostri rispettivi Paesi: Paesi fondatori della Comunità Europea, nuovi membri, candidati o Paesi finora legati all'Unione Europea attraverso il Partenariato orientale e i suoi principi di impegno e cooperazione reciproci.
Siamo orgogliosi della nostra civiltà e delle nostre radici storiche. Crediamo che l'Europa e il modello che essa propone, basato sullo stato di diritto e l'economia sociale di mercato, possano avere un ruolo primario nel cosiddetto 'governo della globalizzazione'.
Allo stesso tempo, vorrei condividere con voi quanto è emerso chiaramente la scorsa settimana a Napoli, in occasione dell'incontro informale dei Capi di Stato del Gruppo 'Uniti per l'Europa'. Senza coesione, compattezza e unità, l'Europa è destinata a perdere progressivamente importanza sullo scenario internazionale. Nessuno Stato europeo, a prescindere dalla sua grandezza e dal ruolo avuto in passato a livello globale, avrà, da solo, una posizione tale da poter influenzare gli eventi. In uno scacchiere geopolitico che si sta orientando verso l'Asia, il declino dell'Europa si rivelerebbe inevitabile. La nuova Amministrazione americana sembra aver compreso che soltanto un'Unione Europea coesa può essere un soggetto globale efficace.
La crisi economica e finanziaria rappresenta la prova tangibile di quanto l'Unione Europea possa ottenere agendo su di una base comune.
La risposta dell'Unione Europea alla crisi è stata parziale. Il sostegno all'economia è stato soprattutto nazionale, dal momento che la politica economica rimane essenzialmente dominio degli Stati nazionali. Come è apparso evidente nel dibattito di Napoli, l'Unione Europea ha soprattutto coordinato azioni finanziate e portate a termine dagli Stati membri.
Ciononostante, le decisioni delle Istituzioni Europee e la protezione diretta o indiretta dell'euro hanno portato il nostro Continente ad affrontare una crisi di dimensioni devastanti.
La situazione rimane seria, anche molto seria in alcuni casi.
Molto di più deve essere fatto e molto di più può essere fatto, rafforzando gradualmente il governo economico e finanziario dell'Unione.
L'attuale crisi, non governabile a livello nazionale né intergovernativo, richiede una attenta salvaguardia del mercato interno e una maggiore sovranità condivisa tra gli Stati membri.
Ne è un esempio lampante la strategia di Lisbona. Non si può mettere in discussione l'importanza dell'innovazione e della ricerca come forze trainanti dello sviluppo economico, sociale e umano. Tuttavia, senza un coinvolgimento reale delle istituzioni europee, i risultati sono stati finora deludenti e i principali obiettivi che l'hanno ispirata non verranno raggiunti.
Per quanto riguarda il tema dell'energia, le difficoltà degli ultimi anni hanno dimostrato che una questione di tale importanza non può essere affrontata a livello nazionale.
Un'azione coordinata a livello europeo è assolutamente necessaria.
L'interdipendenza tra i Paesi di produzione, transito e consumo deve essere esplicitata dando il via a cooperazioni rafforzate in grado di assicurare la soddisfazione sia degli Stati interessati sia dei loro cittadini.
Fino ad ora, secondo gli esperti di Bruxelles, manca la base legale, ma il Trattato di Lisbona rende possibile una maggiore azione comune in campo energetico.
Affrontare la questione energetica significa anche gestire la sfida ambientale e, secondo le linee proposte dalla nuova Amministrazione americana, favorire l'innovazione, la ricerca e le nuove tecnologie. Tutto questo porterebbe notevole beneficio alla nostra società, ai nostri disoccupati e ai nostri bambini.
Il Consiglio Europeo sta discutendo le cosiddette 'garanzie per l'Irlanda' al fine di aprire la strada a un secondo referendum sul Trattato.
Come ho detto a Brno nel nostro incontro di due anni fa, l'integrazione del Continente europeo è una sfida che coinvolge ciascuno di noi: gli Stati fondatori, che hanno scelto di tutelare le caratteristiche sovrannazionali e federali dell'Europa che essi stessi hanno creato; i nuovi membri, che, dopo aver realizzato il sogno della riunificazione dell'Europa, rimarrebbero delusi da un'Unione Europea debole, divisa e meno importante sulla scena internazionale; i candidati e i futuri membri, che ambiscono ad entrare in un'Unione forte e coesa.
L'Unione Europea non è e non è mai stata semplicemente un'area di libero scambio. Essa è una comunità di destini, valori e principi, dallo stato di diritto alla libertà, alla democrazia, alla dignità umana e alla protezione delle minoranze. Questo profilo dell'Europa unita è il frutto del processo di integrazione portato avanti nel corso dei decenni. Deve essere chiaro che un ulteriore allargamento dell'Unione Europea non può comportare necessariamente un indebolimento del processo di integrazione. L'Italia è stata e rimane favorevole all'ingresso dei Paesi dei Balcani Occidentali nell'Unione Europea. Siamo convinti che questo sia un comune interesse dell'Europa. Allo stesso tempo riteniamo che la precondizione per qualunque futuro allargamento sia l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che possa rafforzare la capacità decisionale dell'Unione e le sue potenziali azioni comuni.
L'UE è e deve essere un fattore di stabilità, capace di promuovere rapporti di partenariato con i Paesi vicini e di mantenere, ampliare e rafforzare il dialogo e la pace non soltanto attraverso il soft power, ma anche tramite una politica estera e di sicurezza comune. Questa è l'Europa in cui l'Italia vorrebbe che vivessero gli Stati membri, entrassero i candidati e cooperassero i Paesi associati. Questa Europa necessita assolutamente di nuove strutture istituzionali, sancite dal Trattato di Lisbona, affinché possa affrontare le attuali sfide e parlare più spesso con una sola voce sulla scena internazionale.
L'Italia ha forti e tradizionali legami di amicizia con i Paesi dell'Europa Centrale e Sud-orientale. Tanto nel contesto UE quanto a livello bilaterale l'Italia continuerà a sostenere il loro sviluppo. Allo stesso tempo l'Italia crede che il loro contributo, dopo gli anni bui del totalitarismo, sarà di rilevante importanza per l'Europa nell'infondere nuovi idealismi ed entusiasmo e partecipando alla trasformazione del nostro Continente in un'area di pace e prosperità, rifiutando nazionalismi e rafforzando la riconciliazione e il dialogo.
Sono sicuro che le sessioni e gli incontri bilaterali di oggi potranno rafforzare la cooperazione tra i nostri Paesi e corroborare la nostra amicizia e l'impegno comune.
Grazie