Signor Sindaco, signor Presidente della Provincia, signor Presidente della Regione, autorità civili, religiose e militari, signore e signori, sono molto lieto di poter concludere la visita che ho compiuto in questi due giorni in Emilia-Romagna qui a Ravenna, a cui mi lega un antico patrimonio di conoscenze e di ricordi e che ho avuto modo di conoscere e di apprezzare in diverse precedenti stagioni del mio impegno pubblico.
Ieri a Reggio Emilia ho pronunciato un intervento, che ha avuto una qualche eco nel Paese. Oggi credo di poter dire che le parole da me lì dedicate al valore della Giornata del Tricolore e alle celebrazioni del centocinquantesimo dell'Unità d'Italia siano state ben comprese ed abbiano suscitato reazioni largamente costruttive. È d'altronde mio compito e dovere reagire a rischi di divisione del Paese, specialmente in una fase come quella che si è aperta per l'Europa e per il mondo e nella quale l'Italia ha bisogno di coesione e di slancio, per reggere sfide complesse ed altamente impegnative: coesione - nel perseguire l'interesse generale, l'interesse comune - tra mondo delle imprese, mondo del lavoro, mondo della cultura; coesione tra istituzioni e autentici pilastri della società civile come l'associazionismo, il volontariato, la cooperazione.
È mio compito e dovere proprio a tal fine rilanciare il patrimonio dell'unità nazionale, pur nel rispetto di tutte le differenze, le diversità di posizioni ideali e politiche, le distinzioni e la dialettica tra schieramenti che competono per il governo del Paese.
Ripercorriamo perciò la storia del passato, il cammino che ci ha portato a fare dell'Italia uno Stato unitario, protagonista della vita europea: lo facciamo per trarne motivi di orgoglio e di fiducia, che ci fortifichino nel guardare al futuro, insieme con le giovani generazioni. Il nostro sguardo non è fermo a quel che eravamo 150 anni fa. Il Tricolore è la bandiera di una Nazione che ha radici antiche, nelle quali possono riconoscersi gli italiani di ogni parte; ed è la bandiera di uno Stato che nacque con le insegne della monarchia sabauda, ma che è diventato Repubblica, fondata nella Costituzione. E nei principi di quella Costituzione possiamo trovare la strada anche per portare avanti innovazioni indispensabili: come quelle disegnate nell'articolo 5, che già più di sessanta anni or sono legò l'unità e l'indivisibilità della Repubblica al riconoscimento e alla promozione delle autonomie regionali e locali; innovazioni concretamente definite più di recente nel nuovo Titolo V della nostra Carta.
In questo spirito confido che sempre di più nei prossimi mesi ci ritroveremo tutti, senza distinzione di parte, nelle celebrazioni del Centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia.
Faremo queste celebrazioni partendo, ripeto, dalle radici antiche della nostra comune italianità, di cui a Ravenna troviamo testimonianze altissime, in un inestimabile patrimonio storico-artistico, così come nella memoria di Dante Alighieri, padre della nostra lingua e poeta universale.Quel che ci univa come italiani già molto prima di progettare uno Stato nazionale animò per lunghi e travagliati decenni dell'Ottocento il grande moto ideale e politico, guidato da avanguardie coraggiose ma certo non privo di forti risonanze popolari, che si chiamò Risorgimento.
Questa mattina a Forlì, con il contributo del professor Balzani, come ora a Ravenna con il contributo del professor Mattarelli, abbiamo sentito rivivere le vicende che fecero di alcune grandi figure di romagnoli dei protagonisti, e tra i maggiori, del moto unitario, che fecero della terra di Romagna un luogo di imprese eroiche e drammatiche, come la "trafila" di Giuseppe Garibaldi.
È stato giusto ricordare quali frutti abbia dato quell'eredità nel moderno sviluppo politico e sociale del Ravennate e dell'Emilia-Romagna, fino ad esperienze a noi più vicine, cioè l'esperienza della Resistenza, della lotta di Liberazione e, più di recente, quella della difesa della Repubblica dall'attacco brutale ed insidioso del terrorismo. Sono esperienze cui hanno legato qui il loro nome Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini, a cui sono stato molto lieto di poter rendere omaggio poc'anzi in Comune, insieme con Sergio Zavoli, anche perché sono stato ad essi personalmente legato nella partecipazione alla vita parlamentare e alla vicenda politica.
Tra quelle due figure vi fu inesauribile solidarietà e tra quelle due esperienze vi fu sostanziale continuità nella aderenza a valori supremi di libertà e di pacifica convivenza civile, nella capacità di far sempre prevalere, su ogni divisione e contrapposizione di parte, il comune interesse nazionale, l'imperativo dell'unità nazionale.
Ed è a questo imperativo - più che mai oggi stringente - che l'accoglienza riservatami in terra di Romagna mi incoraggia a dedicare ancora il mio impegno, il mio mandato.