Ho accolto con piacere il gentile invito ad intervenire oggi in questo Istituto Van Leer al quale mi lega il lieto ricordo del saluto che ebbi l'occasione di pronunciare in apertura del Convegno Letterario Italo - Israeliano "La Letteratura e l'Impegno", in occasione della mia Visita di Stato in Israele, il 25 novembre 2008.
Il mio ritorno in questa terra così ricca di storia e di suggestioni si caratterizza per la felice coincidenza con il 150° anniversario del compimento del percorso unitario della Nazione Italiana. Non a caso si è deciso di celebrare in Italia il prossimo 2 giugno, Festa della Repubblica, questa ricorrenza come evento non puramente italiano, bensì aperto alla partecipazione di molte diecine tra Capi di Stato stranieri (tra i quali avrò il particolare piacere di accogliere il Presidente Shimon Peres) e massimi responsabili delle principali Organizzazioni internazionali.
Alla tensione ideale e alle travagliate vicende storiche che condussero alla unificazione nazionale italiana diedero infatti un decisivo contributo Paesi amici ed alleati, insieme a singole personalità della politica, della diplomazia e della cultura provenienti da numerose Nazioni del mondo.
E' questa dunque l'occasione propizia per riflettere, come promette di fare la vostra conferenza, con la partecipazione di studiosi di altissimo livello dei due Paesi, su cosa abbia significato l'anélito verso la conquista dello Stato nazionale per i popoli italiano e ebraico, la cui storia è intrecciata in modo speciale e ineludibile.
Alla radice di entrambi i processi c'è la coscienza di una identità unitaria mai sopìta, mai rimossa, sia pure in popoli che avevano vissuto per millenni in una condizione di divisione e dispersione.
Il Risorgimento italiano è guidato da quella "idea di nazione" che nel secolo decimo nono attraversa tutta l'Europa ridisegnandone la carta geografica, e che si nutre di ideali di democrazia, di libertà, di progresso sociale e di solidarietà. Anche solidarietà internazionale, incarnata da figure come quelle di Garibaldi che combatté per la "libertà" e contro la tirannia (oggi diremmo autocrazia) in numerosi paesi del mondo, sulle due sponde dell'atlantico, per non parlare della visione europea di Mazzini e di Cattaneo.
Ne è corollario l'aspirazione a realizzare condizioni di pacifica e cooperativa convivenza fra Nazioni (di nuovo, Mazzini). La "nazione" mazziniana o il sionismo di Hertzl sono ben lontani dagli esiti disastrosi dei nazionalismi del XX secolo.
Come ebbi modo di osservare in occasione di una lectio magistralis tenuta all'Università ebraica di Gerusalemme nel 2008, "il nostro Risorgimento fu fonte di ispirazione e di incoraggiamento per l'evolversi - a partire dalla seconda metà del XIX secolo - della coscienza ebraica nel senso della consapevolezza di rappresentare non più solo una comunità religiosa ma un popolo e una nazione e di dover mirare al Ritorno nella terra di Palestina. Ma importante, agli albori del sionismo, fu la lezione, soprattutto, di Giuseppe Mazzini per suggerire un approccio alla questione nazionale che presentasse la più limpida impronta umanistica e universalistica. Così, se l'ideale e il progetto sionistico si collocarono nell'età dei nazionalismi, essi si caratterizzarono per la distinzione e distanza da approcci aggressivi e ambizioni di potenza."
Al tempo stesso, il Risorgimento fu - come ho accennato - strettamente collegato all'anélito verso una società più libera, più giusta e più laica. In occasione della celebrazione al Quirinale della Giornata della Memoria, lo scorso 27 gennaio, ho avuto il piacere di ascoltare l'importante intervento del Prof. Giuseppe Galasso, il quale ha da un lato insistito sull'importanza per la storia dell'ebraismo italiano delle "Interdizioni israelitiche" di Carlo Cattaneo; dall'altra ha osservato come alla base della generosa e significativa partecipazione degli ebrei italiani all'idea e ai moti risorgimentali vi fosse "una larga maturazione di spiriti liberali e democratici, di convinzioni laiche e moderne, un'adesione al principio della libertà, indipendenza e del diritto all'autodeterminazione dei popoli".
Queste semplici constatazioni sono oggi di speciale attualità. Ad una Europa faticosamente alla ricerca di una nuova idea di Unione e di una più compiuta Comunità di popoli e di democrazie fa infatti da contraltare un Medio Oriente attraversato da fermenti convulsi e spesso indecifrabili, ma sicuramente rappresentativi oggi di una aspirazione sincera dei popoli e delle Nazioni alla libertà e all'affrancamento dall'autocrazia e dall'oscurantismo.
Auspico che ancora una volta i nostri due popoli, il cui destino appare intrecciato in nome di una storia così alta e ricca di idealità, sappiano trovare proprio nella loro affinità la forza morale e ideale per una nuova e feconda collaborazione che consenta loro di operare in armonia per affrontare le grandi sfide che la nostra epoca ci propone.