Signori Presidenti e gentili consorti,
Altezze Reali,
Illustri Ospiti,
Signore e Signori,
sono certo di rappresentare il naturale sentimento di tutti gli italiani esprimendovi profonda gratitudine per il gesto di amicizia e di omaggio nei confronti della nostra nazione e del nostro popolo che avete inteso compiere accogliendo l'invito a partecipare oggi a Roma alla celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia.
E se abbiamo voluto celebrarlo insieme con voi, è innanzitutto perché la nascita dello Stato nazionale italiano nel 1861 rappresentò un fatto di grande rilievo nella storia dei movimenti nazionali e dei moti di libertà in Europa e per l'evoluzione degli equilibri continentali. Di lì l'importanza internazionale del compimento del moto unitario in Italia: importanza che si sarebbe poi dispiegata sempre di più, toccando il culmine nella seconda metà del secolo scorso. Da allora, infatti, l'Italia ha saputo trovare il suo posto e assumersi le sue responsabilità nella comunità internazionale, in modo particolare come paese fondatore, insieme con i suoi principali vicini, della costruzione di un'Europa integrata e unita.
E' il riconoscimento di ciò che abbiamo sentito risuonare nelle generose parole - di cui lo ringrazio vivamente - del Segretario Generale di quella Organizzazione delle Nazioni Unite i cui principi e le cui regole rappresentano per noi il supremo quadro di riferimento. E mi sia consentito di dire come nel calore della partecipazione di voi tutti, malgrado gli impegni di un fitto calendario internazionale, a questa celebrazione, noi abbiamo colto l'eco di un moto universale di simpatia per il nostro paese.
Un moto di simpatia suscitato dalle qualità umane migliori del popolo italiano, dallo slancio con cui esso ha saputo superare le prove più difficili della sua storia. Un moto di simpatia suscitato dall'interesse, per non dire dall'ammirazione, che sempre ha suscitato e suscita nel mondo il patrimonio storico, culturale, artistico, lo stesso patrimonio naturale che caratterizza l'Italia. Il retaggio di civiltà dell'antica Roma; il messaggio del Cristianesimo; lo splendore del Rinascimento; il succedersi, nei secoli, di straordinarie figure di poeti, di scienziati, di artisti; la fioritura di una lingua e di una cultura comuni molto prima che l'Italia si unificasse politicamente divenendo Stato nazionale: è di tutto questo che si è nutrita l'idea d'Italia, ispirando, fin dall'inizio dell'Ottocento, quel processo di lotte per l'Unità, di tentativi e di errori, di eroici sacrifici, e di lungimiranti azioni politiche che prese il nome di Risorgimento e giunse all'ambito e sofferto traguardo 150 anni orsono.
Vorrei dirvi che siamo consapevoli dell'ineguagliabile valore del patrimonio storico di cui - nella modestia delle nostre persone - siamo eredi come italiani, e quindi della responsabilità che ci spetta di mostrarcene degni custodi e continuatori. Mai dimenticando l'ampiezza di orizzonti, ben oltre i nostri confini, che ha animato gli spiriti più altamente rappresentativi del genio italiano. Scrisse di sé, nei primi anni del XIV secolo, Dante Alighieri: "Noi che pure amiamo Firenze tanto da subire ingiustamente l'esilio per averla amata, abbiamo per patria il mondo, come i pesci il mare".
Nei 150 anni trascorsi dal giorno dell'unificazione nazionale, l'Italia ha compiuto un lungo e travagliato cammino. Ci siamo sforzati di ripercorrerlo con spirito critico in occasione di un così solenne anniversario, traendone motivi di lucida consapevolezza, di orgoglio e di fiducia. L'Italia è profondamente cambiata, soprattutto da quando è risorta a vita democratica, riacquistando libertà, unità e indipendenza dopo il ventennio della dittatura fascista e la tragedia della seconda guerra mondiale. Abbiamo - diventando Repubblica - fondato una rinnovata convivenza civile sulle solide basi dei lungimiranti principi della Costituzione del 1948. Grazie a uno straordinario sforzo collettivo di ricostruzione, ci siamo non solo sollevati dalle rovine di una guerra sciagurata, ma trasformati e rapidamente sviluppati entrando a far parte dell'area dei paesi più industrializzati e progrediti del mondo.
Eppure, eravamo partiti da condizioni di grave arretratezza, 150 anni fa. Non pochi tra voi - Illustri Ospiti - sanno che cosa sia stato nel passato il fiume dell'emigrazione italiana : da questo nostro paese, che dopo l'unificazione non riuscì per lungo tempo a offrire prospettive di lavoro a troppi suoi figli, partirono nel corso di un secolo, emigrando nel resto d'Europa e nel Nuovo Mondo, al di là degli oceani, oltre venticinque milioni di italiani. E' solo da poco più di vent'anni che l'Italia è divenuta invece un paese di immigrazione, fino a registrare una presenza di stranieri pari al 7% della popolazione : ultimo segno della trasformazione che l'economia e la società italiana hanno conosciuto.
Sì, abbiamo percorso un lungo cammino e compiuto straordinari balzi in avanti : ma non sottovalutiamo il peso di problemi di fondo non risolti, di contraddizioni non superate, di squilibri e tensioni persistenti nel tessuto economico e sociale del paese. Non sottovalutiamo, soprattutto, la portata delle nuove sfide che l'Italia è chiamata ad affrontare, in un'epoca di radicale e incessante cambiamento della realtà mondiale. Si tratta di sfide che sono dinanzi al nostro paese in quanto tale, ma anche di sfide comuni che l'Europa unita e l'intera comunità internazionale debbono saper raccogliere e vincere insieme.
Ebbene, l'Italia farà la sua parte : perché avanzi nel mondo la causa della pace, dei diritti umani, della democrazia, di un equilibrato, equo, sostenibile sviluppo economico e sociale globale. Non nascondiamo le nostre difficoltà : ma sono certo che voi - Signori Presidenti, Altezze Reali, Illustri Ospiti - saprete guardare con amicizia e con fiducia al nostro impegno. Con l'amicizia che la vostra presenza qui oggi ci ha testimoniato; con la fiducia che l'Italia merita per il lungo corso della sua storia di paese democratico, di soggetto responsabile della comunità europea, atlantica e internazionale.