Tenevo in modo particolare a rendere omaggio a Palermo - e quale luogo più degno di questa nobilissima Società di Storia Patria e quale occasione migliore di quella offertaci dalla lezione del prof. Villari - nel quadro delle celebrazioni del centocinquantenario, non a caso partite nel maggio scorso da Quarto e da Marsala, nel ricordo esaltante di quell'impresa garibaldina, di quella spedizione dei Mille che legò indissolubilmente la liberazione della Sicilia e del Mezzogiorno dal dominio borbonico e il compimento dell'unificazione italiana.
In quest'anno di celebrazioni si sono intrecciati, specie nella pubblicistica (nazionale ma anche locale), richiami alla storia e polemiche attuali, talvolta strumentali, nella ricerca di un filo che legasse passato e presente. Così, nel ripercorrere non solo le vicende risorgimentali in Sicilia e nel Mezzogiorno - a partire, almeno, dai moti del 1820/21, su cui ha giustamente insistito il prof. Villari, fino alla nascita, nel '61, dello Stato nazionale unitario - ma anche nel ripercorrere il tormentato itinerario dei 150 anni dell'Italia unita si sono incontrati i temi del meridionalismo, del discorso sulla questione siciliana e sulla questione meridionale; discorso - o duplice discorso - che e' ritornato e ritorna anche in accentuazioni semplificate ed estremizzate. Il prof. Villari ha imperniato, a questo proposito, la sua riflessione (e l'ho apprezzato) sulla fondamentale distinzione tra un ambiguo sicilianismo e un autonomismo siciliano di forte impronta liberale che nel Risorgimento si caratterizza come patriottico e unitario, ancorando le battaglie per il riconoscimento del ruolo e delle aspirazioni della Sicilia a un profondo e mai smentito sentimento nazionale.
Questo forte ancoraggio all'unità nazionale, da opporre non dirò a ogni rimbalzo di vecchie tentazioni e illusioni separatiste, ma anche alla tendenza a una certa separatezza della riflessione della Sicilia su se stessa dalla riflessione comune sui 150 anni dell'Italia unita, sui problemi e sul futuro dell'Italia tutta, non significa rinuncia all'analisi critica degli indirizzi della politica nazionale per scarsa sensibilità o aderenza, ancor oggi, ai bisogni della Sicilia e del Mezzogiorno. Ma - come dissi a Marsala nel maggio scorso e mi piace ripetere qui oggi - tale analisi critica non può essere accompagnata "da reticenze e silenzi su quel che va corretto, anche profondamente, qui nel Mezzogiorno, e dunque in Sicilia, sia nella gestione dei poteri regionali e locali e nel funzionamento delle amministrazioni pubbliche, sia negli atteggiamenti del settore privato, sia nei comportamenti collettivi".
E mi ha perciò fatto piacere ascoltare ieri in Assemblea Regionale - nelle conclusioni dell'incontro dedicato alla figura di Giuseppe La Loggia - un aperto richiamo a quel che è rimasto incompiuto delle finalità e potenzialità della storica conquista dell'autonomia siciliana sancita nel 1946 - quasi anticipando l'opera dei Costituenti : finalità e potenzialità in misura rilevante non realizzatesi, rimaste eluse e deluse sia per inadempienze dello Stato centrale sia per distorsioni e inquinamenti che hanno gravemente pesato sulla gestione degli istituti dell'autonomia in Sicilia. E il più devastante di quegli inquinamenti è stato naturalmente rappresentato dal peso, dalla presenza insidiosa e sconvolgente della criminalità organizzata nel combattere la quale la Sicilia ha avuto i suoi eroi e le sue vittime, come ha ricordato (e mi associo fortemente a quel ricordo), il prof. Puglisi.
Di qui l'appello che è risuonato anche ieri in Assemblea a una nuova partenza dell'autonomia, come si e' detto; e mi compiaccio del fatto che si stiano elaborando progetti di riforma o vera e propria rifondazione dell'autonomia regionale. In quale contesto nazionale e internazionale si debba operare, dovrebbe essere in questo momento ben chiaro. La crisi finanziaria globale esplosa a cavallo tra il 2007 e il 2008, e quindi passata attraverso diverse fasi e manifestazioni, culminando nel corso del 2011 nella crisi dell'Eurozona per la crescente insostenibilità del debito sovrano di alcuni paesi, tra i quali l'Italia, ci ha condotto a decisioni molto pesanti nel nostro Parlamento in funzione di risanamento e riequilibrio della nostra finanza pubblica, e non può non condurci anche a riflessioni di fondo su quel che deve concepirsi come revisione complessiva di assetti istituzionali, di realtà economiche e di comportamenti diffusi, che sono ormai di ostacolo ostruttivo a una sana gestione dei mezzi finanziari disponibili e ad una ripresa, su nuove basi, della nostra crescita economica, sociale e civile.Di questa revisione deve mostrarsi capace la Sicilia e ogni regione del Mezzogiorno.
Ma, attenzione, non vi si può sottrarre nessuna regione in Italia; nessuna componente sociale o politica, nessuna parte del paese. Non c'e un territorio da premiare come concentrato di virtù, né un territorio visto come concentrato di vizi da punire. L'esame di coscienza collettivo che ho più volte sollecitato in occasione del centocinquantenario non può non coinvolgere tutto il paese, l'intera società italiana, e generare un nuovo grande sforzo di cambiamento e di coesione nazionale.
Se oggi, dopo l'indispensabile e urgente manovra di finanza pubblica che sta per concludersi in Parlamento, sono i temi della crescita che si pongono, e si pongono in modo stringente per non dire drammatico, all'ordine del giorno - in continuità con l'impegno ad allentare il peso e il vincolo di un massiccio debito pubblico e del costo di questo debito - non posso che ribadire quel richiamo che il prof. Puglisi ha voluto citare: l'Italia può tornare alla crescita, può giungere a crescere intensamente e stabilmente, solo crescendo insieme Nord e Sud, solo mettendo a frutto le riserve del Mezzogiorno, le risorse potenziali della Sicilia e del Mezzogiorno, che sono la maggior carta di cui disponiamo per guardare con fiducia al futuro. E' questa la sfida da raccogliere, per dare senso nuovo e compiuto a quel patto nazionale di cui abbiamo con grande partecipazione in tutta Italia celebrato il centocinquantenario.