Si apre oggi una fase decisiva per dare all'Italia un nuovo governo sulla base dei risultati elettorali : l'incarico che sto per dare costituisce il primo passo del cammino che dovrà condurci al più presto al raggiungimento dell'obbiettivo. Dico "al più presto", perché il paese è premuto da problemi che esigono la nascita di un esecutivo e l'avvio di una normale e piena attività legislativa, al di là dei provvedimenti urgenti che il governo dimissionario riterrà di adottare ed è in grado di adottare.
Ma reagisco a certe affermazioni che si ascoltano nel dibattito pubblico, infondatamente polemiche per il tempo che stanno prendendo gli adempimenti post-elettorali : non è ancora trascorso un mese dalle elezioni del 24 febbraio, da una settimana si sono insediate le nuove Camere, e mi complimento per il fatto che da ieri si sono definiti i rispettivi Uffici di Presidenza, significativamente rappresentativi di tutte le componenti politiche. Nella fase che ora si apre occorre procedere senza sterili lungaggini ma con grande ponderazione ed equilibrio. A chi se la prende con le presunte lentezze italiane, segnalo che nei due paesi di democrazia parlamentare in cui si sono svolte delicate consultazioni elettorali tra l'autunno scorso e l'inizio di quest'anno, sono occorsi, per la formazione dei nuovi governi, circa due mesi, in Olanda 54 giorni e in Israele 55 giorni.
L'essenziale è mostrare a noi stessi, all'Europa e alla comunità internazionale quanto apprezziamo e coltiviamo il valore della stabilità istituzionale, non minore di quello della stabilità finanziaria : da entrambi dipende il grado di affidabilità del nostro paese. L'Italia deve darsi un governo operante nella pienezza dei suoi poteri ; occorre assicurare la vitalità e fecondità della nuova legislatura, del nuovo Parlamento. E' così che possiamo contribuire anche al consolidamento delle istituzioni europee, del loro impegno e del loro ruolo in un periodo così difficile e decisivo per il nostro comune futuro : ci assumeremmo altrimenti una grave responsabilità, tradiremmo le attese che ci sono state manifestate anche nei giorni scorsi dai rappresentanti di paesi amici, in primo luogo ma non solo europei, convenuti a Roma per rendere omaggio al nuovo Pontefice.
Dalle consultazioni che ho condotto ieri e l'altro ieri con esponenti di tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento, già nel passato scese in campo o di nuova formazione - partiti, movimenti, liste - ho tratto il senso di una larga condivisione della necessità istituzionale di fondo che ho ricordato.
Diverse sono state naturalmente le indicazioni che mi sono state prospettate circa il modo di risolvere la crisi di governo e di aprire senza indugio il confronto in Parlamento sulle questioni che sono state al centro delle preoccupazioni e delle scelte dei cittadini elettori. Non si può ignorare la vastità e acutezza del malessere sociale che si è manifestato nel voto, insieme con l'asprezza dell'insoddisfazione e della polemica nei confronti del sistema dei partiti e dei vigenti meccanismi politico-istituzionali. Di qui istanze di radicale cambiamento che mi sono state manifestate dal "Movimento 5 Stelle", confortato da un rilevante successo elettorale. Altre, importanti forze politiche hanno, nel corso delle consultazioni, espresso a loro volta una volontà di deciso cambiamento da perseguire attraverso riforme solo avviate o da tempo invano attese. Ma non tocca certo a me vagliare piattaforme programmatiche, su cui dovranno pronunciarsi partiti e gruppi parlamentari nelle prossime discussioni finalizzate alla formazione del governo.
A tutti, credo di poter dire, è apparsa chiara la portata delle sfide da affrontare. In considerazione di ciò, si è ricavata - da parte della coalizione guidata dall'on. Berlusconi ma anche da parte di altri - l'esigenza di un governo di vasta unione, che conti innanzitutto sulle due maggiori forze parlamentari, ovvero - come si dice in linguaggio europeo - di grande coalizione. Ma le difficoltà a procedere in questo senso sono apparse rilevanti : per effetto di antiche e profonde divergenze e contrapposizioni, che si erano attenuate nel corso del 2012 in funzione del sostegno al governo Monti ma sono riesplose con la rottura di fine anno. E' un fatto che, se si erano realizzate importanti convergenze, ad esempio con la riforma dell'art. 81 della Costituzione, sono rimaste bloccate proposte pur concordate di modifica di varii punti della seconda parte della Carta e intenzioni dichiarate di riforma della legge elettorale.
Peraltro, anche negli scorsi anni, caratterizzati da una dialettica bipolare tra coalizioni di governo e di opposizione, avevo sempre messo in luce l'esigenza di larghe intese tra gli opposti schieramenti su scelte di interesse generale, da quelle relative a garanzie di equilibrio istituzionale alle riforme del sistema politico-costituzionale, agli impegni di politica europea, internazionale e di sicurezza. Insisto sulla necessità di larghe intese di quella natura, a complemento del processo di formazione del governo che potrebbe concludersi anche entro ambiti più caratterizzati e ristretti.
Occorrerà comunque - per salvaguardare la posizione dell'Italia e anche per rafforzarne l'assertività e capacità di spinta innovativa nel concerto europeo - forte spirito di coesione nazionale. Al di là di quelle che potranno essere normali dialettiche maggioranza di governo/opposizione. Anche quella parte della popolazione che più soffre per la crisi economica e sociale e che più sollecita cambiamenti effettivi è interessata allo sviluppo di confronti concreti e costruttivi, piuttosto che a scontri totali e paralizzanti.
Si parta intanto con l'impegno a far nascere un nuovo governo. Ho ripercorso la prassi costituzionale quale si è venuta consolidando ed evolvendo per ciò che concerne il procedimento volto alla formazione del governo. Come ha scritto un autorevole studioso e interprete della nostra Legge fondamentale (Enzo Cheli), "particolare stringatezza" presenta in essa "la disciplina relativa alla nomina del Presidente del Consiglio, che la Costituzione subordina soltanto al fine della formazione di un governo in grado di ottenere la fiducia delle Camere", consentendo quindi al Capo dello Stato - specie in assenza di risolutivi risultati elettorali - la necessaria discrezionalità anche attraverso la creazione di diverse figure di incarico.
Dinanzi alla complessa articolazione delle posizioni emerse nelle consultazioni, sono giunto alla conclusione che il destinatario dell'incarico, nei termini che preciserò, vada individuato nel capo della coalizione di centro-sinistra, da essa designato anche con una procedura di partecipazione democratica nella persona dell'on. Bersani. Tale coalizione, avendo ottenuto - sia pure grazie a un margine di vantaggio assai ristretto sulla coalizione di centro-destra - la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e una posizione di maggioranza relativa al Senato, è obbiettivamente in condizioni più favorevoli per ricercare una pur difficile soluzione al problema del governo, attraverso tutti gli opportuni contatti con le altre forze politiche rappresentate in Parlamento, e non solo con esse.
Ho pertanto conferito - in continuità con eloquenti, appropriati e non lontani precedenti - all'on. Pierluigi Bersani l'incarico di verificare l'esistenza di un sostegno parlamentare certo, tale da consentire la formazione di un governo che ai sensi del 1° comma dell'art. 94 della Costituzione abbia la fiducia delle due Camere. Egli mi riferirà, sull'esito della verifica compiuta, appena possibile.
Palazzo del Quirinale 22/03/2013