Desidero rivolgere solo un breve saluto, anzi rinnovare a molti di voi, rappresentanti delle famiglie dei caduti, il saluto che negli anni scorsi ho potuto rivolgere dal palazzo del Quirinale.
Ringrazio vivamente il Presidente del Senato Pietro Grasso per aver aderito alla proposta di celebrare qui la Giornata della Memoria delle vittime del terrorismo. Lo ha fatto con la sensibilità di chi ha dedicato un'intera vita di magistrato alla causa e all'impegno concreto della lotta contro la mafia, contro i crimini e le stragi di mafia nel loro intreccio perverso con il fenomeno terroristico.
Ho voluto che, a partire da quest'anno, la cerimonia che abbiamo dal 2008 in poi sempre tenuto in Quirinale si dislocasse anche in altri luoghi istituzionali, in modo particolare in questo Palazzo che è uno dei palazzi del Parlamento. E vorrei che la si smettesse di identificarli come 'palazzi del potere', secondo una oscura definizione. Se il Quirinale è stato definito già dal mio predecessore, a giusto titolo, 'la casa degli italiani', il Parlamento, i due rami del Parlamento, e quindi il palazzo del Senato e il palazzo della Camera dei Deputati anch'essi non sono palazzi di un oscuro potere, ma sono i luoghi della sovranità popolare e della sua rappresentanza democratica.
Ho seguito e apprezzato molto tutti gli interventi, così come sono contento di aver potuto premiare le scuole che si sono impegnate in questo bell'esercizio che da anni coltiviamo di iniziative, di ricerche, di composizioni dedicate alla storia delle vittime del terrorismo.
Ho apprezzato l'intervento della dottoressa Maggiani Chelli, che ha avuto anche l'estrema modestia e sobrietà del parlare attraverso quello che anni fa ha detto un magistrato già impegnato all'epoca sul fronte della lotta per la legalità e contro la violenza e il terrorismo, il dottor Chelazzi. Le sue parole sono suonate attuali anche oggi, tenendo conto dei limiti che egli stesso indicava entro i quali ha potuto muoversi e oltre i quali non ha potuto andare il sistema giudiziario.
Mi ha fatto piacere sentire quanto ha detto il dottor Ricci, al quale vorrei ribadire che il nostro sforzo è stato, in tutti questi anni, di non lasciare sotto l'anonima definizione di "scorta" di Aldo Moro i nomi di coloro che hanno sacrificato la loro vita facendo il proprio dovere al servizio dello Stato in quella tragica giornata.
E, infine, mi ha fatto piacere ascoltare di nuovo Giampaolo Mattei con il quale ci incontrammo, insieme ai suoi familiari, nell'aprile del 2009, avendo, fin dal primo momento della celebrazione di questa giornata, dato ai fratelli uccisi dalla violenza terroristica il posto che spettava, pienamente inserito nell'albo doloroso delle vittime del terrorismo senza alcuna parzialità e senza alcuna ghettizzazione.
Abbiamo un doppio motivo di riconoscenza per le vittime del terrorismo. Innanzitutto quello che ci viene dal conoscere che cosa sia stato il loro sacrificio e il dolore dei familiari. Un secondo motivo di riconoscenza perché il ricordo del loro sacrificio ci ha dato una straordinaria occasione di alto valore democratico, di alto valore - se la parola è permessa - pedagogico : infatti, celebrando il Giorno della Memoria, come facciamo da anni sulla base di una legge approvata dal Parlamento, tutti noi riflettiamo, impariamo e dobbiamo continuare a farlo.
Impariamo, ad esempio, che bisogna fermare la violenza - e non ho nemmeno una parola da aggiungere a quelle che ha introdotto nel suo discorso il Presidente Grasso -, abbiamo imparato che la violenza va combattuta, va fermata, va scongiurata, prima che si trasformi in eversione e distruzione. Penso che in questo momento non possiamo essere tranquilli di fronte al riemergere di estremizzazioni violente anche soltanto sul piano verbale o sul piano della propaganda politica.
E poi dobbiamo anche trarre un'ulteriore lezione da ciò che ricordiamo in giornate come questa. L'Italia vive momenti difficili, ha delle prove molto dure da affrontare e da superare.
Non mi spenderò su questo tema generale. Abbiamo tuttavia vissuto in passato non solo momenti di tensione e prove difficili ma dei periodi tragici che hanno esposto a un estremo rischio la nostra democrazia. Ebbene, se abbiamo saputo superare quei periodi, sapremo superare le prove che abbiamo oggi davanti.