D. Ieri Letta ha indicato in 18 mesi il tempo buono per fare le riforme. Lei ha parlato del 2 giugno dell'anno prossimo come un tempo per un'Italia più serena. C'è una tempistica in tutto questo?
Assolutamente no. Ho apprezzato molto il fatto che il 29 maggio, su iniziativa del Governo, le Camere abbiano approvato delle mozioni che costituiscono anche un programma di tempi soprattutto per le riforme istituzionali, e il tempo di diciotto mesi è più che appropriato. Si tratta di un processo molto complesso e l'importante sarà tenere il ritmo. Ieri ho semplicemente dato appuntamento alla prossima Festa della Repubblica, non affermando in nessun modo che per il 2 giugno dell'anno venturo debbono essere state approvate le riforme, mentre si è previsto che siano approvate entro la fine dell'anno. Certamente, di qui a un anno si capirà a che punto siamo, e se è reale la scadenza - che dobbiamo assolutamente riuscire a far rispettare - dei diciotto mesi. E si capirà se l'Italia si è data una prospettiva nuova più serena e sicura.
D. Lei ha chiesto alle forze politiche di non essere inconcludenti. Qual è l'obiettivo minimo da raggiungere perché non siano considerate tali?
Innanzitutto voglio ripetere il mio apprezzamento per quello che le forze politiche hanno fatto - innanzitutto le maggiori tra esse, insieme con la Lista civica - alleandosi per dar vita a questo governo, perché si è trattato di una scelta che ha comportato e comporta anche dei sacrifici per le posizioni dei singoli partiti, una scelta eccezionale e senza dubbio a termine. Temo tuttavia che si possa arrivare all'inconcludenza se su certe questioni, ad esempio la riforma della legge elettorale, se ciascuno sventola la sua bandiera e rimane attaccato al proprio modello. Si ripete quello che è successo l'estate e l'autunno scorsi, quando in Commissione affari costituzionali non si è riusciti a fare una nuova legge. Questa volta bisogna riuscirci.
D. Questo è il primo obiettivo, Presidente?
Non è il primo, perché sono convinto che esista una connessione tra le riforme istituzionali e costituzionali e la scelta di una nuova legge elettorale. Bisogna tener conto, per quel che riguarda la legge elettorale, che può darsi che ci sia, quando dovrà esaminare in questo senso l'ordinanza della Corte di cassazione, una nuova sentenza della Corte costituzionale, la quale questa volta potrebbe indicare più tassativamente i punti da modificare della legge vigente. Ad esempio, già è stato scritto precedentemente in sentenze della Corte che non si ritiene costituzionalmente sostenibile un alto premio di maggioranza senza una soglia di accesso; ma ciò non significa affatto che per soddisfare questa esigenza posta così autorevolmente dalla Consulta si debba tornare a una legge proporzionale pura. Si tratta di dare una soluzione a quel problema in modo da salvaguardare anche quello che è indispensabile nel carattere maggioritario della legislazione elettorale.
D. La questione all'ordine del giorno, tutti ne dibattono, è quella del presidenzialismo o semipresidenzialismo, ne ha parlato anche il Premier Letta ieri, Alfano ecc... E' appropriata una formula come questa?
Naturalmente non dirò nulla né stasera né successivamente sui contenuti delle riforme istituzionali, tantomeno quelle che chiamano in causa le prerogative o le modalità di elezione del Presidente della Repubblica. Resterò assolutamente neutrale. Comunque, quando lei dice che questa questione è all'ordine del giorno, bisogna intendersi: è all'ordine del giorno della Commissione che sta per costituirsi e che sarà fatta di membri delle Commissioni affari costituzionali del Senato e della Camera. Certamente, questa questione sarà anche discussa nel Comitato di esperti e studiosi che il governo si appresta a nominare, e allora si entrerà nel merito, al di là dei rapidi cenni che può fare l'uno o l'altro esponente politico.
D. Però il vice Premier Alfano dice che ora si può fare. Lei ne è convinto?
Ognuno ha le sue convinzioni.
D. Non si rischia quel ruolo super partes del Presidente della Repubblica?
Lei mi vuol fare assolutamente esprimere un parere che io non intendo esprimere.
D. Una Repubblica parlamentare qual è la nostra può ancora affrontare le complessità della modernità o servono almeno degli adeguamenti?
Quando parlo di riforme istituzionali parlo di adeguamenti della Carta Costituzionale. Non dimentichiamo che chi ha detto le cose più drastiche in questo senso è stato nel 1992 il Presidente Scalfaro nel suo messaggio di insediamento alle Camere. Certamente Scalfaro è stato un costituente, un grande assertore della Costituzione repubblicana, e al tempo stesso sostenne che era indispensabile una revisione della Carta costituzionale nell'articolazione dei poteri. Credo che questo sia il mandato, poi le risposte le daranno gli organismi, soprattutto quelli parlamentari, che sono stati indicati nella mozione delle due Camere.
Giardini del Quirinale 02/06/2013