Palazzo del Quirinale 19/10/2011

Intervento del Presidente Napolitano in occasione della consegna delle insegne di Cavaliere dell'Ordine "Al Merito del Lavoro"

le celebrazioni del Centocinquantenario dell'Unità d'Italia ci hanno offerto nel corso di quest'anno la possibilità di un discorso comune, animato da molte, diverse e convergenti voci, sulle lezioni che ci vengono da una lunga esperienza storica e sulle sfide che siamo ora chiamati a fronteggiare. Nell'intervento del Presidente Benedini ho trovato la conferma - e di ciò lo ringrazio - di una consapevolezza che può unirci e permetterci di superare prove difficili e complesse : la consapevolezza di quel che come italiani abbiamo saputo costruire, dei punti di forza e delle potenzialità su cui possiamo oggi contare ; la consapevolezza della necessità di una straordinaria mobilitazione e tensione di tutte le nostre energie per liberarci da antiche insufficienze e far fronte a momenti di estrema difficoltà.

Perché stiamo vivendo uno di quei momenti, sotto la pressione di una crisi finanziaria che ha colpito, partendo dagli Stati Uniti, in particolar modo l'Europa, e ha gettato pesanti ombre sullo sviluppo mondiale. L'Italia è molto esposta ai venti di questa crisi, caratterizzatasi nell'Eurozona come crisi del debito sovrano : molto esposta per l'abnorme dimensione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, che ci ha reso bersaglio di una crisi di fiducia e anche di attacchi speculativi nei mercati finanziari, e che preoccupa seriamente i nostri partner europei.

Ai quali desidero dire - anticipando ciò che avrò modo di argomentare più ampiamente tra una settimana a Bruges, inaugurando l'anno accademico del Collège d'Europe - qualcosa di chiaro, fuori di ogni ambiguità. Noi siamo giunti, l'intera comunità nazionale è giunta, al lucido riconoscimento che - pur non potendosi sottovalutare le prove e gli elementi di sostenibilità che ha mostrato e mostra la nostra complessiva situazione finanziaria - è giunto il momento di abbattere, gradualmente ma a ritmo sostenuto e costante, il muro del debito pubblico accumulatosi nel corso dei decenni. Lo stiamo facendo - come indicano i decreti di luglio e di agosto, adottati celermente in Parlamento in ottemperanza agli impegni assunti ; e intendiamo farlo senza alcuna incertezza e tergiversazione.

Fare questo, creando al tempo stesso le condizioni per una nuova fase di crescita dell'economia e della società italiana, è nostro interesse nazionale ed è nostro dovere come paese fondatore dell'Europa unita, aderente tra i primi alla zona Euro. E mi rifiuto di credere che possa serpeggiare in qualsiasi ambiente l'idea che l'Euro, la nostra appartenenza all'Eurozona, sia per noi come una camicia di forza. Essa è piuttosto una cintura di protezione e un propulsore insostituibile di sviluppo competitivo per la nostra economia nazionale in sinergia con le altre economie europee.

Al concepimento stesso della moneta unica l'Italia ha dato un contributo essenziale : in particolare concorrendo alla definizione di quel Trattato di Maastricht, firmato per il nostro paese tra gli altri da Guido Carli. Quel Guido Carli, che tuttavia poco dopo, alla vigilia della sua scomparsa, scrisse di temere che "la classe politica italiana non si fosse resa conto che, approvando il trattato, si era posta nella condizione di aver accettato un cambiamento di una vastità tale" da doversi mettere in giuoco. Ebbene, siamo ancora chiamati, e oggi anche più duramente, a cimentarci con un siffatto cambiamento.

Scusatemi se ripeto il più semplice degli appelli : che ciascuno faccia la sua parte. Molto sta facendo il mondo delle imprese anche in senso propositivo, ed è importante : lo testimonia "il progetto delle imprese per l'Italia" presentato il 30 settembre, lo testimoniate voi, nuovi e non nuovi Cavalieri del Lavoro, col vostro ininterrotto impegno. E ho tratto grande conforto dall'incontro di ieri con la rappresentanza direttiva dei Giovani Imprenditori di Confindustria, per il loro slancio e per il coraggio delle loro idee. C'è davvero bisogno essenziale di questi apporti, e di quelli del mondo del lavoro : e non può che considerarsi prezioso, ed auspicarsi, il massimo di coesione nel mondo dell'impresa, come nel mondo del lavoro.

Deve fare naturalmente la sua decisiva parte la "classe politica", come diceva Guido Carli, l'insieme delle forze politiche, innanzitutto il governo, la maggioranza di governo. Ringrazio il ministro Romani per averci ragguagliato sugli sforzi che si stanno compiendo. Ma le difficoltà sono sotto gli occhi di tutti, se è vero che è trascorso un mese dall'approvazione in Parlamento del decreto di stabilizzazione finanziaria varato alla vigilia di Ferragosto. E a queste difficoltà guarda con preoccupazione l'Europa, in attesa dell'attuazione e di ogni necessaria integrazione delle decisioni già adottate e di impellenti scelte di riforma strutturale e di stimolo alla crescita. E' un momento in cui si richiede una forte, netta assunzione di responsabilità : largamente condivisa, aggiungo, perché risulti più credibile, più garantita nella sua efficacia realizzativa. Non posso perciò tacere la mia angustia nel constatare che le condizioni politiche per questa più larga condivisione non si sono finora verificate.

Dobbiamo avere l'assillo di dare risposte convincenti ai nostri partner europei, alle istituzioni europee e insieme - necessità ormai scottante - a una vasta parte dei ceti popolari, delle forze del lavoro, e soprattutto dei giovani. Senza cadere in sommarie generalizzazioni, senza sottovalutare i progressi che si compiono o si annunciano per vari aspetti nell'impegno verso i giovani, e, s'intende, dando il giusto rilievo a quella splendida realtà che i nostri Alfieri anche questa mattina esprimono, la questione della disoccupazione e della frustrazione giovanile dev'essere al centro delle nostre preoccupazioni : e parlo di preoccupazioni per la coesione sociale e anche per l'equilibrio democratico e per la convivenza civile. Ho apprezzato le parole molto ponderate del Presidente Benedini, di attenzione alla protesta pacifica in uno con il rifiuto e il dovere del rigore contro inammissibili violenze.

Concludo, chiedendo a tutte le forze sociali e politiche lungimiranza. Va sventato il rischio di un fuorviante condizionamento di calcoli elettorali. Un rischio che esiste non solo in Italia : che esiste in Europa, in Francia dove si voterà nel 2012, e in Germania dove si sono succedute elezioni regionali e si andrà successivamente alle elezioni generali, o negli Stati Uniti dove egualmente si tornerà a votare l'anno venturo. Si guardi con coraggio agli interessi comuni di più lungo termine, per l'unità dell'Europa, per lo sviluppo mondiale, per il futuro delle giovani generazioni.