Palazzo del Quirinale 23/06/2014

Intervento del Presidente Napolitano in occasione dell'incontro con i Presidenti dei Gruppi parlamentari del Parlamento europeo


Sono molto lieto di accogliervi qui considerandomi anche un po' di casa rispetto ai rappresentanti del Parlamento europeo.

Ringrazio per le espressioni molto cortesi nei confronti miei e del mio impegno, e molto cortesi anche nei confronti dell'Italia e delle nostre tradizioni storiche. Credo che tutti attribuiamo notevole importanza al semestre di Presidenza italiana anche se sappiamo bene che non è la Presidenza semestrale di prima del Trattato di Lisbona. Noi abbiamo alcuni punti fermi nella nostra memoria storica, in particolare due presidenze semestrali italiane a metà degli anni '80 e all'inizio degli anni '90, ma allora non avevamo la figura del Presidente cosiddetto stabile del Consiglio; e quindi era diverso il quadro rispetto ai limiti in cui il Trattato di Lisbona ha ricollocato le presidenze semestrali come responsabilità di presiedere i Consigli dei Ministri dell'Unione europea. Ma questa è egualmente un'occasione molto impegnativa per l'Italia e credo che il governo e il Parlamento ne siano pienamente consapevoli. Domani mattina, come vi ha già detto il Presidente del Consiglio Renzi, ci sarà un dibattito in Parlamento in cui egli esporrà le grandi linee del programma ovvero dell'impegno italiano.

Una cosa importante - poi dirò qualcosa anche sui limiti entro cui istituzionalmente mi muovo - è che l'impegno italiano non è un impegno di mera celebrazione della continuità storica del progetto europeo, è un impegno consapevole del punto di crisi cui è giunta la costruzione europea. Io stesso ho avuto modo di dire a febbraio, nel discorso a Strasburgo che cortesemente avete ricordato, che mai come negli ultimi tempi, e quindi mai all'appuntamento delle elezioni europee, era stato messo così radicalmente in questione il progetto stesso. Questo spirito informa la presidenza italiana che è proponente di un forte cambiamento nelle politiche dell'Unione e anche degli assetti istituzionali dell'Unione.

Nel merito di queste scelte che il governo italiano sottoporrà al Parlamento domani non entro. Voi conoscete questa categoria - cui appartiene l'Italia - di Stati membri a regime repubblicano e con Presidenti non esecutivi. Non abbiamo, io e molti miei colleghi, poteri di governo ; esercitiamo un ruolo che è innanzitutto di rappresentenza dell'unità nazionale, di sintesi di istanze largamente condivise nell'opinione pubblica. Oggi effettivamente possiamo parlare in Italia di un'esigenza largamente condivisa di rinnovamento dell'Unione europea. Ci sono anche posizioni più estreme, di contestazione più profonda dello stesso progetto inteso come grande prospettiva di soluzione dei problemi dello sviluppo della democrazia in Europa.

Ma nell'insieme io credo che ci sia nel Parlamento italiano, e quindi a sostegno della posizione del governo, una larga maggioranza favorevole a che si persegua una linea di proposte di cambiamento, proposte positive, cambiamenti positivi, a cui tutti potranno concorrere e che si dovranno confrontare con posizioni anche molto diverse nel Parlamento europeo. Quello che mi preme è insistere ancora una volta sul ruolo del Parlamento che è ancora larghissimamente poco conosciuto se non ignorato ed è sottovalutato nelle opinioni pubbliche a comincaire da quella italiana.

Certe volte si sente parlare di deficit democratico dell'Europa unita negli stessi termini in cui se ne parlava quarant'anni fa, e questo è veramente paradossale perché c'è senza dubbio un grande problema di arricchimento della democrazia nell'Unione europea e di sviluppo delle istituzioni in senso ulteriormente democratico ; c'è un grande problema di rapporto democratico con i cittadini - ma non siamo a quarant'anni fa. E la novità più rilevante dal punto di vista democratico è stata precisamente lo sviluppo del ruolo e dei poteri del Parlamento europeo.

L'Italia fu in prima linea - questo lo dobbiamo dire senza pretese di eccessivo orgoglio nazionale - nel battersi per l'elezione diretta del Parlamento europeo che ebbe luogo nel 1979: e avevano concorso al caratterizzarsi in questo senso della posizione italiana rispetto all'Europa molte componenti della vita pubblica e dello schieramento politico italiano. Abbiamo avuto dei grandi pioneri, non c'è bisogno che faccia molti nomi, dei grandi promotori e ideatori del futuro europeo, abbiamo avuto anche uomini di governo che si sono molto impegnati in questo senso. Mi è capitato più volte di ricordare la prima volta che si concepì come norma, dentro il Trattato che avrebbe dovuto dar vita alla Comunità europea di difesa, la creazione di un'Assemblea politica rappresentativa. Naturalmente quella norma cadde con tutto il resto di quel trattato, ma è singolare che di quella norma si facesse all'epoca promotore il Presidente del Consiglio italiano e leader della Democrazia Cristiana, Alcide De Gasperi e che collaborasse a scrivere quella norma Altiero Spinelli, personalità del tutto indipendente dai governi e dai fondamentali partiti politici dell'epoca.

Credo che abbiamo questo retroterra importante alle spalle per insistere più che mai sul ruolo del Parlamento europeo. Non solo è stato eletto direttamente a partire dal 1979 ma ha visto un crescendo nel riconoscimento dei suoi poteri, e arrivando, non dico fino al limite del possibile, ma molto vicino.

Questo ruolo del Parlamento europeo oggi si confronta con le scadenze imminenti delle nomine europee. E qui voglio richiamare l'importanza dell'articolo 17 del Trattato di Lisbona che regola in modo particolare anche la questione della designazione della Commissione. Qui forse può apparire un 'fuor d'opera' ma non è male almeno ricordare che nella lettera dell'articolo 17 del Trattato non solo si dice qualcosa di molto importante per ciò che concerne la proposta che il Consiglio europeo deve sottoporre al Parlamento per la nomina del Presidente della Commisione, "tenendo conto delle elezioni", ma si dice qualcosa che dovremmo tener presente in una prospettiva di ulteriore sviluppo democratico all'interno dell'Unione: il fatto cioè che i membri che il Consiglio europeo deve comporre in una lista per la Commissione europea non sono rappresentanti dei governi nazionali.

L'articolo 17 dice semplicemente nationals, cittadini appartenenti agli Stati membri, uno per ciascuno, ma che non rappresentano i rispettivi governi. C'è un forte accento sull'indipendenza che essi debbono conservare e anche sull'assoluta esigenza che esprimano, nella loro collegialità, una capacità di governo, una capacità di guida dell'Unione in stretta, inscindibile sinergia con le altre istituzioni dell'Unione europea. Credo che in questo senso debba essere fatto valere il ruolo del Parlamento, anche in questa delicatissima fase ; d'altra parte sappiamo che il Parlamento ha delle armi, ha concepito delle procedure istruttorie di vero e proprio esame dei candidati a membri della Commissione e che, in definitiva, la Commissione nel suo insieme, Presidente e membri, non può prendere vita se non con un voto favorevole del Parlamento europeo.

La questione su cui vorrei dire ancora una parola è forse la più gravemente irrisolta ed è quella del rapporto tra elettori ed eletti per quello che riguarda Parlamento europeo e cittadini. C'è un impedimento fortissimo ad un rapporto che almeno eguagli in non eccessiva distanza dagli elettori il rapporto che hanno i parlamentari nazionali; oggi la distanza è incolmabile. Si può calcolare se ogni parlamentare nazionale debba rappresentare centomila elettori e ogni parlamentare europeo ottocentomila. Se io penso alla dimensione della circoscrizione in cui sono stato candidato ed eletto due volte, nell' '89 e nel '99, e cioè la circoscrizione dell'Italia meridionale, è impossibile fisicamente che ci sia un rapporto continuativo. È un problema che non ha avuto alcuna risposta. Cercai a suo tempo, come Presidente della Commissione Affari costituzionali, intanto di insistere molto sulla dimensione parlamentare e quindi di cooperazione parlamentare, e dicendo dimensione parlamentare dico Parlamento europeo e Parlamenti nazionali, in un'assoluta - e tale deve restare - distinzione delle funzioni: le leggi europee le fa il Parlamento europeo, le leggi nazionali - scusate il semplicismo - le fanno i Parlamenti nazionali. Ma nello stesso tempo ci deve essere un intenso scambio e forse non solo tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali ma, questa è l'idea che un po' mi sono fatto, tra parlamentari europei e parlamentari nazionali. I parlamentari nazionali dovrebbero in qualche modo rispondere ai loro elettori anche della politica europea, dell'azione dei loro rappresentanti nel Parlamento europeo e dei loro governi nel Consiglio europeo. Questo per dire che c'è molta strada da fare e la nuova legislatura che vi vede qui impegnati e che vi vedrà tra Bruxelles e Strasburgo impegnati nei prossimi anni è una strada straordinariamente impegnativa.

Dobbiamo recuperare il terreno perduto e la fiducia dei cittadini, dobbiamo confrontarci seriamente anche con le contestazioni più radicali del progetto europeo o della prassi nella costruzione europea. Spero che saremo tutti all'altezza di queste prove. Io mi muoverò nell'ambito dei miei compiti e del mio rapporto con il governo, che è un rapporto di consultazione, di frequente e sistematico scambio di opinioni, nel rispetto di decisioni che spettano, come quella del programma europeo e delle nomine europeee, al governo. Ed è un rapporto che io vivo anche mettendoci come contenuto le mie esperienze e i miei convincimenti europeistici.