CAMERA DEI DEPUTATI (AULA DI MONTECITORIO) 18/05/1999

GIURAMENTO E MESSAGGIO AL PARLAMENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CARLO AZEGLIO CIAMPI NEL GIORNO DEL SUO INSEDIAMENTO







CERIMONIA DI INSEDIAMENTO
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI

Roma - Camera dei Deputati
(Seduta comune del 18 maggio 1999 - Ore 17.00)


GIURAMENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI

Quando il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, accompagnato dal Presidente della Camera Luciano Violante e dal Vicepresidente vicario del Senato Carlo Rognoni, entra nell'Aula, l'Assemblea si leva in piedi - Vivissimi, prolungati applausi, cui si associano i membri del Governo ed il pubblico delle tribune. Il Presidente della Camera prende posto al suo seggio, con alla destra il Presidente della Repubblica ed alla sinistra il Vicepresidente vicario del Senato.

PRESIDENTE VIOLANTE:
Onorevoli deputati, onorevoli senatori, invito il Presidente della Repubblica a prestare giuramento davanti al Parlamento a norma dell'articolo 91 della Costituzione (L'Assemblea si leva in piedi).

Il Presidente della Repubblica legge la formula:

"giuro di essere fedele alla Repubblica
e di osservarne lealmente la Costituzione"

(Vivissimi, prolungati applausi, cui si associano i membri del Governo e il pubblico delle tribune).

 

Il Presidente della Camera cede il suo seggio al Presidente della Repubblica e prende posto alla sua destra.

PRESIDENTE VIOLANTE:
Il Presidente della Repubblica rivolgerà ora il suo messaggio al Parlamento. Invito gli onorevoli deputati e gli onorevoli senatori a prendere posto.

Il Presidente della Repubblica, restando in piedi, pronuncia il seguente Messaggio:

 

MESSAGGIO AL PARLAMENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

CARLO AZEGLIO CIAMPI

 

Signor Presidente,
Onorevoli parlamentari,
Signori delegati regionali,

il mio omaggio va all'Assemblea che mi ha eletto, al Parlamento nella sua più alta composizione, che esprime la rappresentanza nazionale ed i suoi valori storici e, assieme ad essa, le autonomie politiche e le identità culturali delle regioni italiane.

Oggi in quest'aula non sento soltanto la voce della comunità italiana che vive ed opera nei confini della Repubblica. Sento anche quella degli italiani che vivono la loro cittadinanza nel territorio dell'Unione, rappresentata dal Parlamento europeo (Vivissimi applausi). E, non meno nitida e forte, sento la voce della più larga comunità italiana diffusa nel mondo (Vivissimi applausi), in fiduciosa attesa di più dirette vie di partecipazione politica e sempre pronta a dare alla madre patria una ricchezza di cultura, di conoscenze, di riconoscenza.

Di questa pienezza di unità nazionale voi vi siete resi interpreti con la votazione che mi ha eletto. E io mi adopererò per far perdurare questa significativa convergenza costituzionale da voi creata. Una convergenza costituzionale che, nella sua specificità, non nega, anzi presuppone il normale, vitale, netto confronto tra maggioranza e opposizione.

L'unità nazionale che dovrò rappresentare e perseguire impone che si volga lo sguardo verso quello che sarà il destino degli italiani nel secolo che sta per cominciare.

Le fortune d'Italia, dei suoi giovani e delle generazioni che verranno, si affidano alla capacità di aprire ancor più la nostra società e i nostri ordinamenti. Questi saranno tanto più validi quanto meglio sapremo collegarli, coordinarli, renderli consonanti con le realtà europee e mondiali.

Avverto il dovere di riaffermare questa esigenza nel giorno solenne in cui rivivono le memorie nazionali e patriottiche, il ricordo degli uomini che hanno fatto la nostra Italia attraverso lotte civili e militari: testimonianze tutte della continuità della nazione. Quella continuità che ha saputo superare e vincere anche la più grave frattura della nostra storia, perché mai è venuto meno, dal Risorgimento a oggi, il senso profondo della patria, che ha poi consentito, nella Repubblica democratica, la piena pacificazione tra tutti gli italiani (Vivissimi applausi).

Proprio perché sappiamo profonde, e a tutti comuni, le radici della nostra italianità possiamo investire questo patrimonio nazionale. Investirlo soprattutto in Europa, in quell'Unione che ci ha visti sempre protagonisti nel costruirla. Investirlo nel Mediterraneo, dove i popoli che ci circondano guardano all'Italia come luogo d'incontro naturale e storico delle civiltà che su questo mare si affacciano. Soprattutto da noi, essi attendono l'impulso alla creazione di condizioni di sviluppo nella sicurezza e nella stabilità.

L'unità degli italiani è oggi specialmente necessaria per affermare davanti a tutti i popoli la nostra naturale vocazione, consacrata nella Carta costituzionale, a operare concretamente per la pace, sempre e in ogni luogo (Vivissimi applausi).

L'aggressione contro gli innocenti, l'estirpazione dei popoli dalla loro terra natale hanno riportato in Europa l'orrore dell'odio razziale.

È contro questo odio che si è determinata l'inevitabilità del ricorso alle armi. Una tragica realtà di violenze, di lutti, di distruzioni ci angoscia ogni giorno.

Urge che si facciano ancor più forti la voce della politica e la tenacia del negoziato, affinché garanzia del rispetto dei diritti umani e premesse certe di una pace vera siano subito e insieme stabilite.

La dura lezione del conflitto balcanico spinge ad ampliare, a rendere più lungimirante la nostra concezione europea.

Ogni focolaio bellico nel nostro continente è ferita inferta alla stessa Unione europea e ai suoi valori. La pace duratura può raggiungersi solo allargando i confini dell'Unione. Essa si fonda sul principio dell'inclusione e non dell'esclusione. È questa l'idea-forza, la "pax" europea tra uguali che dobbiamo offrire, con iniziative immediate e concrete, ai popoli dell'Europa che sono fuori dell'Unione.

La sicurezza, l'avvenire della regione balcanica non risiedono nella moltiplicazione di piccoli Stati nazionalisti. Risiedono nel disegno di un percorso di estensione, graduale nel tempo ma certo nella conclusione, della cittadinanza europea ai popoli che nel continente hanno vissuto e vivono la loro identità storica.

Questo sforzo europeo per una pace che non sia solo un armistizio deve vedere in prima linea noi italiani. Noi che abbiamo l'onore di convivere, nella città di Roma, con una suprema istituzione di pace, la Chiesa cattolica. E con una figura di riferimento universale dei più alti valori umani, il Sommo Pontefice, al quale va oggi il mio grato pensiero per il suo operare senza riposo (Vivissimi applausi).


Signor Presidente,
il senso dell'unità nazionale ci deve guidare nel compito primario del rafforzamento del nostro sistema politico.

Nel mio giuramento, che è prima di tutto impegno solenne e incondizionato di osservare il dettato della Costituzione, c'è anche la consapevolezza dell'esigenza di un naturale sviluppo e aggiornamento istituzionale.

Vi è una costituzione europea che nei principi democratici generali, nella tutela dei diritti fondamentali, nelle fonti del diritto fa già corpo unico con la Costituzione del 1948.

Ma molto ci resta da fare per portare il nostro sistema politico alla modernità costituzionale europea in numerosi suoi lineamenti:
- nelle istituzioni di un federalismo che risponda al principio di sussidiarietà, a partire dalle autonomie comunali, e che già prima delle elezioni regionali del 2000 dovrebbe vedere attuate le sue premesse costituzionali (Vivi applausi);
- nelle procedure elettorali, che devono costruire l'equilibrio tra la primaria esigenza di esprimere un Governo di legislatura e la rappresentatività politica del paese;
- nella forma di governo e nei modelli di pubblica amministrazione, che devono garantire requisiti europei di stabilità, di trasparenza, di efficacia ed efficienza;
- nell'organizzazione della politica, in cui i partiti si confermino, in forme moderne, strumenti indispensabili per esprimere la volontà dei cittadini e far corrispondere l'agire politico al sentire comune;
- negli ordinamenti della giustizia, dal momento che la certezza del diritto e il principio del giusto processo, garantiti dalla intangibile indipendenza della magistratura, sono un bene pubblico che non può essere sacrificato ad alcuna altra esigenza;
- nei sistemi di sicurezza interna e di difesa comune, dove l'abnegazione e la capacità degli uomini e delle donne delle Forze armate e delle forze dell'ordine possono essere compiutamente valorizzate con una integrazione operativa sempre più profonda nella dimensione europea, la sola in cui si possono trovare giuste soluzioni anche ai problemi dell'immigrazione.

Signor Presidente,
dobbiamo essere uniti anche nell'impegno per il rafforzamento del nostro sistema economico.

La creazione della moneta unica europea, grande evento politico e non solo economico, ci impone di far sì che l'economia italiana risponda sempre più alle caratteristiche del modello di sviluppo europeo che insieme con gli altri paesi dell'Unione stiamo disegnando.

È fatto, questo modello, di libertà d'impresa sia dai lacci sia dai sussidi di Stato. È fatto di difesa dei consumatori contro i monopoli. È fatto di capacità di fusione dei mercati nazionali in un unico mercato europeo e in una armonizzazione giuridica, tali da accrescere la competitività globale. È fatto della volontà di dare alla istruzione scolastica, universitaria, professionale, efficacia appropriata ai tempi, operando sui metodi e sui contenuti dell'insegnamento. È fatto della volontà di adeguare la formazione e l'apprendimento permanente alle esigenze dei nuovi modi di produzione; ma anche e soprattutto all'ordine temporale delle stagioni della vita lavorativa e alle condizioni del lavoro femminile.

I lavoratori italiani, gli imprenditori, le loro organizzazioni sindacali hanno dato un apporto determinante al superamento della grave crisi economica, sociale, politica esplosa agli inizi degli anni novanta. Ho viva la memoria di quel giorno del luglio 1993, quando con l'accordo tra il Governo e le parti sociali fu posta la pietra angolare sulla quale il paese ha retto negli anni difficili della transizione e ha ricostruito la propria stabilità economica.

Ma accanto e prima dei lavoratori occupati, ci sono quelli disoccupati. E oggi dobbiamo rinnovare l'impegno perché tutte le nostre politiche assumano come riferimento assoluto la lotta alla disoccupazione (Vivissimi applausi).

Abbiamo operato con successo per la stabilità economica. Essa ci ha permesso di essere tra i paesi fondatori della moneta unica europea. Dobbiamo operare con la stessa metodica determinazione per lo sviluppo e per l'occupazione. È questo il traguardo della nostra passione civile.

Un traguardo che si appunta specialmente laddove la disoccupazione si addensa, nel Mezzogiorno. Un Mezzogiorno che si ritrova al centro di un'area di interesse vitale per l'Europa, a mano a mano che il pendolo della storia si riporta verso il Mediterraneo. La promozione civile e produttiva dell'economia meridionale diventa allora un'opportunità di respiro continentale. Si avvertono nella società meridionale i segni di una forte spinta collettiva a essere protagonista dello sviluppo nelle singole realtà locali e nell'intera regione.

È in atto nel mondo un confronto aperto tra il modello europeo, che intende stimolare il libero mercato coniugando con esso politiche rispettose della dimensione sociale, e i modelli proposti dalle altre economie avanzate, con le loro virtù, con le loro vitalità, con i loro limiti.

Le imprese italiane, piccole e grandi, che ancora sopportano i residui delle rigidità burocratiche proprie di una estesa presenza statale, devono essere in prima fila ad affrontare questa sfida.

La devono affrontare accrescendo la loro duttilità aziendale, rafforzando i distretti, industriali e agricoli, rendendo più intense le connessioni tra produzione di beni, produzione di servizi e istituzioni territoriali; affinando la loro attitudine a capire la complessità dei mercati e ad anticiparne i mutamenti. La devono affrontare anche con l'impegno nella ricerca in fecondo collegamento con le università, con il pronto inserimento delle innovazioni nei processi produttivi, con la difesa dell'ambiente intesa come grande opportunità economica creatrice di iniziative e di lavoro, ma soprattutto sentita come vincolo costituzionale di interesse generale. Vincolo che esprime il dovere di preservare un patrimonio, la terra, ereditato dai nostri padri per consegnarlo integro ai nostri figli (Vivissimi, prolungati applausi).

Signor Presidente,
sta per aprirsi un nuovo millennio. Agli italiani, e in particolare alle speranze dei giovani, sento di poter dire che ci sono le condizioni perché il paese compia un deciso balzo in avanti.

In questi ultimi cinquant'anni l'Italia è cresciuta, nella libertà, più che in qualsiasi altra epoca della sua storia. Abbiamo raggiunto più di quanto sognammo negli anni della nostra giovinezza, della giovinezza della Repubblica (Vivissimi, prolungati applausi). Oggi l'orgoglio del nostro patriottismo si fonda su quello che siamo riusciti e riusciamo a fare con la nostra operosità, con la nostra arte, con la nostra ricerca, con l'ingegnosità e lo stile dei nostri prodotti, con il contributo di equilibrio e di idee in ogni campo delle nostre relazioni internazionali. Questo significa oggi, nel mondo, essere italiani (Vivissimi applausi).

Delle potenzialità di questa nuova Italia noi per primi dobbiamo essere coscienti e ritrovare in noi l'entusiasmo per tradurle in realtà, superando di slancio la linea d'ombra che sembra proiettarsi su questa chiusura di secolo.

Perché ciò avvenga è essenziale una vera stabilità politica, che è continuità del governare nel succedersi delle legislature e nell'alternarsi delle maggioranze.

Solo la stabilità politica può suscitare quel clima di fiducia che stimola a progettare e a intraprendere, che rassicura i cittadini risparmiatori e consumatori, che sollecita a investire sul futuro.

In questo messaggio ho sentito il dovere di richiamare innanzitutto la funzione di sintesi - la rappresentanza dell'unità nazionale - propria della magistratura che mi è stata affidata. A questa unità dedicherò ogni mia forza, convinto che proprio perché siamo così segnati da diversità, saremo anche capaci di più alta coesione, modernamente costruita sul pluralismo più che sulla omogeneità senza anima (Vivissimi applausi).

Ma accanto alle specificità che arricchiscono vi sono le discriminazioni, le emarginazioni, le nuove povertà che deturpano il volto della nostra società. E queste piaghe ci ricordano che, mentre inseguiamo l'ammodernamento istituzionale, ci sono princìpi della gloriosa Costituzione di cinquant'anni fa che non abbiamo ancora pienamente attuato (Vivi applausi):
- come quelli degli articoli 29, 30 e 31, vero programma costituzionale in favore della centralità della famiglia e dei suoi valori (Vivissimi, prolungati applausi), valori che qui e sempre dobbiamo riaffermare come grande ricchezza del nostro popolo;
- come il fondamentale principio di eguaglianza enunciato nell'articolo 3, ancora debole nell'attuazione nonostante l'alto incitamento che ci è venuto costantemente dalle sentenze della Corte Costituzionale. E, aggiungo, nonostante l'azione di quel volontariato diffuso che è vanto del nostro paese, quel volontariato capace di entrare nei vuoti lasciati dallo Stato sociale e di capire e di soccorrere la società anche là dove la tenebra dell'esclusione è più fitta (Vivissimi applausi).

Signor Presidente,
onorevoli parlamentari, sono questi gli appuntamenti del mio mandato: che intendo come mandato di garanzia costituzionale nei confronti di tutte le parti politiche (Vivissimi applausi).

Nel mio compito mi sarà di conforto e di sprone l'assidua attenzione ai lavori delle Camere, agli atti parlamentari, dai quali trarrò suggerimento e consiglio.

Seguirò da vicino anche l'evolversi delle esperienze regionali: dalle regioni alpine al Mezzogiorno.

Nel mio lavoro avrò come costante, severo ammonimento l'esempio dei miei predecessori (Vivi applausi), che con la loro opera hanno dato sostanza di dignità all'ufficio presidenziale: da Luigi Einaudi (Vivi applausi), con cui ho in comune una traiettoria di vita, non certo l'altezza della dottrina, a Oscar Luigi Scàlfaro (Vivi applausi - Il senatore Oscar Luigi Scàlfaro si leva in piedi e china il capo in segno di ringraziamento), il Presidente dei tempi difficili, che mi onorò della sua fiducia, nominandomi Presidente del Consiglio. Si concluse allora il mio lungo ciclo di lavoro alla Banca d'Italia, che mi ha formato nella disciplina del servizio alle istituzioni.

Con l'aiuto di Dio, con la fiducia degli italiani, sarò fedele al mio giuramento. Sarò fedele ai valori di libertà, di giustizia, di democrazia che sono il fondamento della Costituzione repubblicana.

Viva la Repubblica italiana! Viva l'Unione europea! Viva l'Italia! 

 

(L'Assemblea si leva in piedi - Vivissimi, prolungati applausi, cui si associano i membri del Governo e il pubblico delle tribune).