Rivolgo un saluto molto cordiale ai rappresentanti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, al Ministro della Difesa, che ringrazio per il suo intervento, al Capo di Stato Maggiore della Difesa, ai Capi di Stato Maggiore dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, ai Comandanti generali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, al Segretario generale della Difesa, al Generale Fornasiero per il Consiglio dell’Ordine Militare d’Italia.
Quest’anno ricordiamo quattro importanti anniversari: 160 anni dall’Unità d’Italia, 150 di Roma capitale, 100 anni dal trasferimento – come poc’anzi ricordava il Ministro - del Milite ignoto al Vittoriano, 75 anni della Repubblica.
Quattro momenti della nostra storia che solennizziamo in occasione del 4 novembre - data che segna oltre che la fine del Primo conflitto mondiale il giorno dell’Unità nazionale e delle Forze Armate. Come di consueto lo celebreremo domani all’Altare della Patria.
La decisione di onorare la salma di un caduto senza nome e, idealmente, così, di tutti coloro che non avevano trovato nemmeno la consolazione di una tomba, pose in luce l’unità del Paese in un momento difficile, unendo in un sentimento di rispetto e di dolore i diversi atteggiamenti che avevano caratterizzato la società italiana di fronte alla guerra.
Erano trascorsi tre anni da Vittorio Veneto, e le fratture, le divisioni, le ferite aperte nella popolazione, sempre più consapevole e impaurita dagli immani effetti provocati dal conflitto, non accennavano a rimarginarsi.
Molte famiglie italiane si angosciavano, con crescente risentimento, e senza riuscire a darsi una risposta, sui sacrifici sopportati, sui lutti, sui mutilati.
Rispetto e dolore accompagnarono, in tutte le città toccate dal tragitto, il trasferimento della salma del Soldato ignoto, come lo indica la legge approvata dal Parlamento nell’agosto del 1921, su sollecitazione del colonnello Giulio Douhet, pioniere dell’Aeronautica italiana, al quale si deve l’iniziativa di commemorare l’eroismo invisibile dei tanti militari che trovarono la morte in quella guerra
Un dolore silente e raccolto unì, in quel momento, il Paese, con rinnovata speranza nel futuro.
In quella triste bara le famiglie vedevano il proprio figlio, padre, fratello, atteso invano e mai più tornato a casa, spesso senza neanche una tomba, un luogo dove poter piangere.
Le undici salme, non identificate, provenienti dai campi di battaglia dove gli scontri erano stati più crudeli – un vero rosario di sofferenze: Rovereto, il Pasubio, l’Ortigara, il Grappa, il Montello, il Basso Piave, il Cadore, Gorizia, il Basso Isonzo, il San Michele – furono, come sappiamo, raccolte nella basilica di Aquileia, e toccò alla madre di un caduto senza tomba, Maria Maddalena Bergamas, indicare, con dolore e turbamento – che furono particolarmente evidenti e coinvolgenti - quale tumulare a Roma.
Questa mattina ho voluto rendere omaggio, ad Aquileia, al cimitero dove riposano gli altri dieci Soldati ignoti e alla sepoltura di quella madre che aveva rappresentato tutte le mamme che avevano perso il proprio figlio, e che, alla sua morte, è stata inumata insieme a loro.
Ho sostato al sacrario di Redipuglia, monito permanente della follia della guerra.
Il 4 novembre celebriamo, appunto, la vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale, con il completamento del percorso di unificazione risorgimentale.
L’Italia fu la prima nazione a istituire una giornata per commemorare la fine della Grande Guerra, significativo pur se implicito invito a una riflessione sul conflitto.
Con il pensiero alle intere generazioni di giovani e di meno giovani che uscirono devastate se non addirittura annientate dalla guerra.
Esemplari gesta eroiche sono state tramandate per ispirare nei più giovani i valori di coraggio, resilienza e patriottismo. I nomi di quei protagonisti sono giustamente iscritti su targhe e monumenti.
Quanti gli episodi di eroi rimasti, tuttavia, sconosciuti, talvolta senza neppure una tomba che ne accogliesse le spoglie? Quante le vittime in conseguenza di scelte e strategie sbagliate? Quante le colpe scaricate in modo scellerato sulle truppe, sino all’orrore del sorteggio per decidere, con la decimazione, i soldati da destinare alla fucilazione?
Il senso profondo del monumento al Soldato sconosciuto, del nostro Vittoriano, raccoglie tutte queste inquietitudini.
È in questa Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate che il pensiero di tutti gli Italiani è rivolto a quanti hanno perso la vita per la Patria, alle vittime di tutte le guerre.
Caporetto rimane una pagina nefasta segnata dagli errori nei comandi, ma la storia ci racconta di interi reparti, consapevoli che quello sarebbe stato l’ultimo loro giorno di vita, destinati a morire per rallentare l’avanzata del nemico; ci racconta di singoli militari – Ufficiali, Sottufficiali, Soldati semplici - che, un po' ovunque lungo la piana friulana, difendevano le popolazioni locali fino all’estremo sacrificio.
Ci dice, tutto questo, del valore e dell’orgoglio dei nostri soldati - sui monti, nelle trincee, lungo i fiumi, in Adriatico, nei cieli – valore e orgoglio che continuarono a manifestarsi con l’avvio della controffensiva e la vittoria.
Ci inchiniamo alla memoria di quei combattenti nel più terribile conflitto europeo, eroi ai quali va il nostro incondizionato riconoscimento.
Un conflitto le cui conseguenze furono aggravate da ottuse scelte prive di lungimiranza, che sarebbero state premesse di una stagione ancora più buia dell’Europa, sfociata nella Seconda guerra mondiale.
La sconfitta del nazifascismo avrebbe consentito di scrivere una grande lezione: evitare di considerare la pace un semplice intervallo utile a preparare la guerra successiva. Evitare di passare dalla guerra alla guerra per ottenere, invece, di passare dalla guerra alla pace autentica.
Ne è derivato in Europa il più lungo periodo di consolidamento di un clima di pace, di libertà e democrazia mai registrato in precedenza.
Sono i valori che con la coesione sociale, il rispetto e la reciproca comprensione tra i popoli e le culture diverse, rappresentano il fondamento dell’Unione Europea.
La Repubblica Italiana è orgogliosa di avere recato il proprio apporto, sin dall’inizio, a questo risultato.
Nazioni Unite, Alleanza Atlantica, Unione Europea, rappresentano i pilastri della nostra politica di sicurezza e difesa: in queste organizzazioni l’Italia svolge da protagonista un ruolo di riferimento.
L’Unione è chiamata oggi a un cambio di passo deciso rispetto ai dossier principali, assumendo piena responsabilità anche nel campo della politica estera e di difesa.
In un mondo multipolare, caratterizzato da scenari complessi, è necessaria una sempre maggiore cooperazione internazionale. Anche per questo è altresì necessaria una connotazione interforze del nostro Strumento Militare.
Dinamiche geopolitiche sempre più insidiose hanno esteso il concetto di sicurezza e di difesa verso nuove dimensioni, evidenziando rischi non convenzionali, come quelli collegati, ad esempio, alla sicurezza cibernetica.
Le Forze Armate della Repubblica sono un esempio di responsabilità, coesione e senso del dovere. I cittadini in uniforme dimostrano quotidianamente di essere una preziosa risorsa, in coordinamento con le altre articolazioni dello Stato, nello svolgimento dei compiti loro affidati dal Parlamento e dal Governo, con motivo di orgoglio per tutta la comunità nazionale.
Particolarmente apprezzato è stato l’operato delle Forze Armate nel corso dell’emergenza sanitaria dove la componente militare, attraverso le sue varie competenze, ha agito con grande professionalità per sostenere la campagna vaccinale e per fronteggiare le situazioni logisticamente più disagevoli.
Parimenti, nel contesto internazionale, 4.800 militari sono impegnati in 38 missioni che sono di pacificazione, di stabilizzazione e di sostegno alle popolazioni più bisognose o di contrasto al terrorismo transnazionale o nelle iniziative delle organizzazioni internazionali cui il nostro Paese aderisce.
Insieme a tutti loro, oltre 7.200 militari sono ogni giorno al lavoro sul suolo nazionale e nel Mediterraneo nelle operazioni Strade sicure e Mare sicuro.
Recentemente, quanto accaduto in Afghanistan ha scosso e rattristato le pubbliche opinioni, non soltanto quella italiana. Il contributo che abbiamo dato alla stabilizzazione di quel Paese così lontano, con sacrifici, non è stato tuttavia vano. Occorre oggi che la comunità internazionale sia consapevole dei gravi rischi di catastrofe umanitaria che si profilano.
Nonostante le difficoltà sorte nella regione circa l’utilizzo di basi d’appoggio, l’effettuazione delle operazioni di ritiro da Herat si è svolta in modo encomiabile. Siamo grati ai governi dei Paesi che hanno cooperato in questa direzione.
Anche a Kabul le nostre Forze Armate si sono distinte per la grande efficienza operativa: oltre cinquemila persone sono state evacuate per via aerea in quindici giorni caratterizzati da ogni sorta di difficoltà e pericoli nella capitale afgana. Per tutto questo ringrazio i Comandi delle Forze armate.
Tra poco procederò alla consegna delle onorificenze dell’Ordine Militare d’Italia a chi si è particolarmente distinto, in Italia ed all’estero, per dedizione e per adempimento del dovere anche in condizioni particolarmente difficili.
A tutti loro e ai decorati dello scorso anno - anch’essi oggi qui al Quirinale - porgo le mie congratulazioni più vive.
Tra loro sarebbe stato presente anche l’Ammiraglio Silvio Vratogna, purtroppo prematuramente scomparso: ne sentiamo l’assenza ed esprimo alla figlia qui presente – e la ringrazio - e a tutti familiari sentimenti di vicinanza rinnovata.
Vorrei dire a tutti i Soldati, i Marinai, gli Avieri, i Carabinieri, i Finanzieri, al personale civile della Difesa, di essere sempre orgogliosi e coerenti con il giuramento di fedeltà alla Repubblica, in nome e per l’affermazione dei suoi valori costituzionali.
A voi tutti e ai vostri familiari porgo l’augurio e il saluto più cordiale, con le espressioni della stima più intensa, a nome dell’intero popolo italiano.
Viva le Forze Armate, viva la Repubblica.