L'Aquila 21/06/2007

Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell'incontro con i rappresentanti delle istituzioni locali nella sede del Consiglio Regionale d'Abruzzo.




INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
IN OCCASIONE DELL'INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI
DELLE ISTITUZIONI LOCALI
NELLA SEDE DEL CONSIGLIO
REGIONALE D'ABRUZZO

(L'AQUILA, 21 GIUGNO 2007)

Saluto affettuosamente tutti voi: i Sindaci, i parlamentari, i rappresentanti di tutte le istituzioni, della società civile, della Chiesa.
Ringrazio il Presidente del Consiglio. E, in modo particolare, se me lo consentite, il vecchio amico Ottaviano del Turco, oggi Presidente della Regione Abruzzo. In altri tempi e in altre vesti, sia io che lui, ci siamo ritrovati insieme più volte nella lotta per la valorizzazione del lavoro e per la sicurezza sul lavoro. Quindi, quella di oggi, è semplicemente una battaglia che continua, e alla quale spero di poter dare un contributo. E mi sembra che già dei segni di attenzione e dei contributi ci siano stati. Ne trovo conferma un po' dovunque. Ero l'altro ieri a Taranto, per la festa della Marina Militare, e il Sindaco appena eletto mi ha consegnato una documentazione sul problema, molto grave, delle condizioni di lavoro nella grande acciaieria tarantina, perché ci sono tante realtà diverse e anche tante forme diverse di rischio, e perfino di rischio della vita, sul lavoro.
Sono molto contento, in una occasione bella e significativa come quella di cui siamo stati partecipi questa mattina nella caserma della Guardia di Finanza, di avervi potuto incontrare, di aver potuto rivedere l'Abruzzo e di aver ascoltato anche delle notizie positive e confortanti.
Si è detto: "L'Abruzzo sta ripartendo". Ricordo discussioni di anni fa, quando si poneva il problema, per l'Abruzzo e per qualche altra regione meridionale, dell'uscire dall'"obiettivo 1" della politica dei fondi strutturali della Unione Europea. C'era, naturalmente, qualche timore. Non dico che non abbiate pagato un prezzo, per quella - come vogliamo chiamarla - modifica di status; però, il fatto che voi oggi stiate ripartendo significa che l'Abruzzo può camminare sulle sue gambe, crescere con le sue forze. Naturalmente, nell'ambito di una politica nazionale di sviluppo che dia tutta la necessaria attenzione alle esigenze del Mezzogiorno, nelle sue varie Regioni, e anche, all'interno di ogni Regione, delle sue varie realtà, spesso - come voi avete appena detto - diseguali tra loro.
Possiamo dire che questo rilancio della Abruzzo si inserisce in una fase positiva di ripresa dell'economia italiana. Vedete, anche nel dare giudizi sullo stato dell'economia cerco di non sposare nessuna versione di parte: né quelle più critiche né quelle più trionfalistiche. Credo che sentendo, appena un mese e mezzo fa, il Governatore della Banca d'Italia presentare le sue conclusioni all'Assemblea della banca, abbiamo avuto un quadro del tutto obiettivo, con cui effettivamente sento di potermi identificare: non è un quadro di parte, non è un quadro basato su preconcetti e interessi politici. Il Governatore ci ha detto delle luci e delle ombre di questa fase: c'è miglioramento dei conti pubblici, c'è ripresa dello sviluppo economico, però con limiti, contraddizioni e incognite che non possono lasciarci indugiare nell'autosoddisfazione. E questo vale naturalmente anche per l'Abruzzo.
Tuttavia, anche per sostenere, consolidare e far andare più avanti questo processo di ripresa economica, di trasformazione e di accrescimento della competitività delle nostre produzioni, è importante che lavorino bene le istituzioni.
Io credo che questo debba essere il motivo oggi di maggiore di preoccupazione: lo stato delle nostre istituzioni.
Ho incontrato ieri al Quirinale una rappresentanza delle forze di opposizione: un incontro del tutto normale, per quanto si sia potuto far scalpore sulla stampa. Incontro del tutto normale perché sento di dovere attenzione e rispetto per le forze dell'opposizione, esattamente come per le forze della maggioranza di governo. E alle une e alle altre, in egual modo, ho negli ultimi tempi - ancora ieri - espresso la mia preoccupazione per lo stato delle istituzioni.
Ci sono anche provvedimenti essenziali proprio per il Mezzogiorno, per lo sviluppo delle Regioni e delle autonomie nel nostro paese, che richiedono un forte impegno in Parlamento, e anche un clima più costruttivo in Parlamento.
Sono contento di sentire che voi state facendo delle cose molto interessanti, e anche molto impegnative, come l'elaborazione del nuovo Statuto del Consiglio Regionale. Io, in generale, ho l'impressione che nelle assemblee elettive tal livello regionale e locale, si riesca più facilmente a trovare la strada del reciproco rispetto, della comunicazione, del dialogo fra gli opposti schieramenti per risolvere problemi di comune interesse.
Questo ancora non c'è nel Parlamento nazionale.
Il Parlamento soffre di molte difficoltà, non riesce a produrre come sarebbe necessario che producesse. Occorre intensificare i lavori del Parlamento, e occorre identificare almeno alcuni terreni di convergenza e di lavoro comune.
Credo che stia per essere presentato nei prossimi giorni un disegno di legge sul federalismo fiscale: questa è una esigenza fondamentale. Direi che, ormai, è un obbligo, in attuazione del nuovo titolo V della Costituzione. Quindi, questa legge non può tardare ad essere approvata dal governo. Mi auguro, soprattutto, che abbia un rapido corso in Parlamento. Il federalismo fiscale è una conquista a cui si tende da molto tempo. Naturalmente, è una realizzazione che richiede grande attenzione, grande equilibrio: non è un'espressione retorica quella del federalismo cooperativo e solidale! Gli elementi di perequazione, i criteri di solidarietà che debbono caratterizzare il provvedimento sul federalismo fiscale, sono particolarmente sentiti dalle Regioni - come adesso si usa dire - a più bassa capacità fiscale, come le Regioni del Mezzogiorno, ma debbono rappresentare un impegno comune di tutte le Regioni.
Abbiamo, dinanzi a noi, anche un impegno come quello della legge per riordinare le competenze degli enti locali, adeguandole, appunto, al nuovo titolo V della Costituzione. Ciò mi dà l'occasione per raccogliere uno dei temi che sono stati sollevati dal Presidente del Consiglio regionale e dal Presidente della Regione: il tema dei costi della politica.
Io penso che il problema dei costi della politica non può essere separato da una rivisitazione dell'architettura istituzionale, in modo particolare dell'architettura delle istituzioni decentrate. Abbiamo troppi livelli di decisione, troppi enti che si pestano i piedi (alcuni dei quali non si capisce più bene quale ragion d'essere abbiano, anche se l'avevano quando furono creati), troppe società ed enti derivati, e così continuando. E, poi, abbiamo anche, tra Comuni - e perfino Circoscrizioni nei Comuni maggiori - Province, Comunità montane e Regioni, una confusione, o una duplicazione, di competenze e di funzioni. Ebbene, questa è una delle principali cause degli alti costi della politica. Poi, ci sono problemi di altra natura che non ci possono sfuggire: io credo, per esempio, che ci sono certi incarichi elettivi locali - penso ai Consigli di circoscrizione nelle maggiori città - che forse potrebbero anche tornare ad essere incarichi volontari, non retribuiti.
Al di là di questi casi, io credo che l'accento vada messo decisamente su un riordinamento delle nostre istituzioni: debbono funzionare meglio, debbono quindi conoscere un processo di semplificazione e di snellimento. Funzionando meglio, daranno un maggiore contributo alla soluzione dei problemi, e costeranno meno.
Anche a questo proposito, c'è un disegno di legge presentato in Parlamento, che dovrebbe condurre a una vera e propria carta delle autonomie locali. Quale sarà il destino di questo provvedimento? Dinanzi al Parlamento ci sono, in questo momento, qualcosa come un centinaio di disegni di legge che attendono. In quale ordine di priorità debbono essere collocati, debbono essere affrontati? E in quale clima?
Io insisto sulla necessità di un clima più costruttivo, che non significa in nessun modo limitare il diritto dell'opposizione di richiedere un cambiamento di governo, di richiedere un cambiamento di maggioranza, di combattere le sue battaglie. Anche le battaglie elettorali, come è ovvio: usciamo or ora da una di queste. Ma, pur facendo ciascuno la sua parte, chi governa e chi è all'opposizione, bisogna trovare il modo di cooperare per far funzionare le nostre istituzioni nel modo migliore, nel modo più trasparente, nel modo più disteso, nel modo più conveniente rispetto all'interesse generale.
Queste erano le poche cose che vi volevo dire. Vi ringrazio molto anche delle espressioni che mi avete rivolto. Per la verità, vi confesso di non essere troppo turbato per un po' di punzecchiature, per un po' di pareri diversi che possono essere espressi sul mio modo di operare. Ho detto in una recente occasione di sapere benissimo che sono le incognite del mestiere. Il Presidente della Repubblica non è un Presidente esecutivo nel nostro ordinamento costituzionale: non ha poteri di governo. Non gli si può chiedere di fare quello che non deve fare, e che non deve fare né con un governo né con un altro. In qualsiasi condizione, deve avere il senso dei propri limiti: è un'istituzione che nella Costituzione stessa vede definiti i propri compiti, a cominciare da quello del rappresentare l'unità nazionale.
Sono stato qui stamattina per la festa della Guardia di Finanza, che non è una forza armata ma è un corpo di polizia di ordinamento militare. Sono stato ad altre recenti feste delle Forze Armate. So benissimo che nella Costituzione è scritto che il capo dello Stato è il comandante supremo delle Forze Armate, ma vi posso assicurare che non mi sono montato la testa per questo, e non pretendo per questo di interferire nell'autonomia di comando delle Forze Armate e nemmeno nelle responsabilità di nomina del governo (che discendono anche esse dalla Costituzione).
Rappresentare l'unità nazionale può significare molte cose. Credo che significhi anche mettere in evidenza, richiamando su di essi l'attenzione delle istituzioni senza distinzione di parte, certi problemi e temi che rischiano di essere oscurati. Tra questi temi ho voluto richiamare quello della sicurezza sul lavoro.
Credo che abbiamo avuto anche altri momenti importanti e belli su temi molto delicati: quando abbiamo celebrato il giorno delle vittime delle foibe, quando abbiamo celebrato i caduti del terrorismo, cercando di dare una particolare, nuova dimensione alla celebrazione di quei tragici eventi. Ho voluto di persona recarmi a Milano per deporre corone alle lapidi intitolate alla memoria del commissario Calabresi. L'ho fatto nello spirito del rappresentante dell'unità nazionale.
In questo spirito guarderò ai problemi delle regioni del Mezzogiorno, cercando di sollecitare impegni, nella misura del necessario, e anche di dare una mano, nella misura del possibile.
Vi ringrazio molto.